Gioia Cativa

Formazione di Rino Capone.

Nonostante una carriera professionale lontana dal mondo artistico, Capone ha sempre affiancato un percorso parallelo di formazione e di conoscenza che gli permettessero di avvicinarsi all’arte e di sviluppare una propria personale linea di pensiero. Avendo studiato filosofia, l’approccio all’Estetica non era cosi arduo ed insormontabile, e lui inizia ad assaporare l’idea di diventare un critico d’arte capace di leggere ed interpretare la più antica forma di comunicazione umana, volendo coglierne il fascino e il retroterra teorico. Essendo nato a metà del XX secolo (1946), cresce in un periodo storico cruciale per il mondo ma soprattutto per l’Europa che era uscita martoriata dagli eventi della seconda guerra mondiale. Ha modo di assistere quasi ‘in diretta’ alla graduale costruzione di una ripresa che si rivelerà epocale. Lo fa da osservatore attivo e curioso, motivato a cercare una propria strada. Si nutre di quei fermenti sociali, culturali e politici che segnano la rinascita, sentendo le trasformazioni amplificate dagli stati d’animo di una generazione che non si arrende ma che si prodiga per andare avanti. Esamina a fondo le fasi e i risvolti della non facile battaglia culturale condotta dagli astrattisti e dai promotori di un’arte svincolata dalle tradizionali regole estetiche. Col passare degli anni, si ritrova (come egli dice) “disarmato” davanti al continuo proliferare, senza alcun limite, delle avanguardie, potendo chiunque alzarsi una mattina e creare un manifesto per promuovere il proprio pensiero. Osserva con una certa perplessità l’attuale stagione artistica, ne penetra ragioni e principi, ma rimane profondamente legato alla centralità della superficie pittorica e della lavorazione della materia in modo sapiente e ragionato. Per lui l’attività creativa resta scintilla di qualcosa che risulti piacevole. La ricerca della originalità a tutti i costi non può far smarrire definitivamente la strada.

Stile e tecnica.

La sua chiave espressiva si ispira all’astrattismo geometrico. La possibilità di destrutturare gli oggetti su una superficie è operazione non semplice, seppur possa sembrare il contrario. Trasformare gli oggetti in elementi geometrici salvandone la riconoscibilità comporta non poche difficoltà. Capone coglie questa sfida e la usa come strumento per esternare la sua matrice, per dare forma, paradossalmente proprio attraverso l’astrazione, alle sue idee, alla sua visione del mondo e della vita, al di fuori di ogni pregiudizio. Affronta tematiche sulle quali è in continua riflessione. Le sue tele sono il risultato finale di altrettante analisi: ognuna di esse racchiude un percorso sia emotivo che artistico. Osservando il suo lavoro, quantitativamente corposo e diversificato, mi è stato possibile intravedere un ponte di collegamento tra il figurativo e l’astratto. Nel suo astrattismo il figurativo non scompare mai definitivamente; è solo coperto da un velo di forme apparentemente irrazionali e di incerta identità, finalizzate a mostrare una visione più complessa e forse arcana della realtà. L’artista fa convivere forme astratte e figurative, considerandole intrinsecamente collegate, le une come prosecuzione delle altre, perfettamente compatibili all’interno della medesima superficie. Le sue tele sono come dei decollage pittorici, bene strutturati, che pongono all’interno di uno stesso piano la dimensione astratto-geometrica ed un aspetto particolare della realtà, come a voler far intuire che dietro ogni processo di astrazione c’è il nesso con un pezzo di mondo o di vita: insomma, esiste un oggetto anche quando sembra non esserci. Questa chiave di lettura mi ha permesso di analizzare le sue opere con un taglio critico particolare: si vede la sovrapposizione di più livelli espressivi che creano una trama molto interessante, dalle diverse sfumature. Egli utilizza la figura ed il suo alter ego destrutturato in modo sapiente e ragionato. Nulla è lasciato al caso, a partire dalla presenza diffusa, e talvolta esclusiva, dei colori primari, chiara eredità di Mondrian, liberamente personalizzata. Parimenti evidente è, in molte opere, il richiamo al minimalismo del maestro olandese, alla sua sintesi “perfetta” fatta di semplici linee verticali ed orizzontali, risultato di un pensiero filosofico sul rapporto fra reale e universale. Attraverso questa scelta artistica Capone ha potuto svelarci le sue riflessioni e i suoi interessi in una serie di tele che attestano una visione del mondo molteplice e moderna, propria di una persona che cerca di stare al passo con i tempi e di capirne le accelerazioni e quelle diversità che ancora oggi in molti faticano ad accettare.

Nudi femminili.

I nudi di Capone sono l’esaltazione della sessualità come provocazione, fatta di atteggiamenti lascivi e spudorati, sguardi che invitano ad esperienze al limite del proibito: il tutto realizzato secondo l’idea che nel mondo attuale prevale la tendenza a mercificare ogni cosa, a dispetto di valori fino ad ora ritenuti di grande spessore. Al tempo stesso, egli vede nella donna, fermo restando il fascino della sua fisicità, la genesi della vita. E questo è un tema rilevante anche socialmente. Unendo i processi di astrazione e geometrizzazione dello spazio, Capone inserisce il corpo femminile come elemento di risalto tra linee che sembrano venire in avanti con forza. I corpi si lasciano andare nelle più varie posizioni, senza apparentemente curarsi di chi stia guardando: sembrano essere l’allegoria della mercificazione carnale che aggiunge qualcosa di subdolo all’indiscutibile potere della donna.

Cromosomi XX-XY.

Rino Capone, affascinato dal mistero della vita, ha dedicato una serie di tele a questo argomento. A differenza di quanto avviene nell’arte genetica, che usa la scienza stessa per manifestarsi, egli adopera semplicemente gli strumenti della ‘sua’ pittura per porre l’accento sui meccanismi biologici che supportano la riproduzione. Attraverso l’astrazione delle forme in un contesto geometrico l’artista riesce a descrivere un fenomeno biologico, pur complesso, in modo lineare, giocando sapientemente con colori e spazi. Tema centrale è l’incognita del genere sessuale del nascituro, affidato al protagonismo assoluto dei cromosomi. In “Incognita X” questo argomento è affrontato in maniera leggera: le combinazioni XX-XY racchiudono il mistero dell’uomo e della donna, due cromosomi che determinano, attraverso la loro unione, il sesso di chi viene al mondo, secondo le probabilità teoriche del 50%. In “Obiettivo X” abbiamo una specie di percorso ad ostacoli con premio finale: un trofeo che permette ad una nuova vita di vedere la luce. Le tele sono caratterizzate da superfici astratte e geometrie che vivono in un festival di colori forti e compatti: trame razionali che danno forma alle idee filosofiche dell’artista. Capone non cade nella banalità della ripetizione. Attraverso una ricerca personale ha trovato il suo “marchio”, una linea pittorica che permette alla mente di esprimersi al meglio. Aveva tante soluzioni alternative, ma nell’astrazione e nella ricerca geometrica si è sentito a casa: par di vedere la sua anima uscire e raccontarsi da sola; e la sua mano, spinta da una forza superiore, percorrere la tela facendogli provare una forma di compiacimento e di completamento. In “Affermazione del binomio maschio-femmina” evidenzia il dualismo nella creazione della vita, attraverso il contatto (l’integrazione) tra un corpo femminile ed un corpo maschile. È lecito pensare che Capone dia enfasi alla funzione femminile, perché la donna è portatrice di vita nel vero senso biologico. La missione assegnatale dalla natura, lungo il lento percorso evolutivo, ha incluso la capacità di accompagnare l’uomo nel modo di abitare la Terra, in un cammino non sempre facile. La vita, la sessualità, la donna e l’erotismo che da essa scaturisce sono aspetti fondamentali nell’arte di Capone, nel suo esplorare tra conoscenza e immaginazione, lungo la sottile linea di demarcazione fra il reale e la supposizione.

Danza.

Per la danza Capone nutre una vera e propria passione [ha pubblicato 15 libri fra saggi e manuali divulgativi]. E non poteva non trasferirla nella pittura. Sulla tela porta il risultato delle sue ricerche, provando il piacere della riproduzione e della riscoperta. L’aspetto che maggiormente lo interessa è il movimento ritmico, quell’insieme di azioni ordinate, armoniche e misurate che si esplicano nella interpretazione dinamica di un brano musicale. È qualcosa che ha a che fare con la conoscenza del proprio corpo e delle sue potenzialità di coordinazione. Tema ricorrente nelle sue tele è il ballo di coppia, che viene presentato secondo parametri figurativi in ambientazioni astratto-geometriche, in linea con l’idea di pittura che sta alla base del suo marchio di riconoscimento. La sua profonda conoscenza dell’arte astratta gli permette di poter “giocare” con questo tema specifico per produrre “arrangiamenti”, così come accade in musica, armonici e ben riusciti. Sfrutta la possibilità di spaziare in modo consapevole per sperimentare e creare qualcosa che abbia un’identità artistica ben definita ed innovativa.

Città.

Rino Capone si pone a cavallo fra la visione futurista e quella astratto-geometrica, creando un personale mix capace di esplicare l’idea di città ultramoderne, non prive di problematiche, come la sovrappopolazione e l’estensione di aree costruttive che danneggiano l’equilibrio ambientale. Le città caponiane sono caratterizzate da sintesi architettoniche ardite, mappe e scorci urbani visti dall’alto e scomposti geometricamente, che si prestano ad essere osservati da diverse angolazioni. La costruzione in chiave geometrica nasce dalla forte influenza di Mondrian il quale, con i suoi celeberrimi reticolati, ha dimostrato che tutto si può rappresentare nel bidimensionale. Le opere del Maestro olandese diventano il propulsore allo sviluppo delle ultramoderne città caponiane, sinonimi di velocità e high-tech, tessuti urbani piccoli o immensi visti dall’alto, megalopoli piene di luci e strade che si intersecano in ragnatele viarie complesse. Se Mondrian ha rappresentato, negli ultimi anni di vita, quartieri metropolitani come Broadway e megalopoli come New York, Capone prova a disegnare la città del futuro, simbolo di una nuova era, con tutti i suoi aspetti positivi e negativi. Anche le sue mappe, sia militari che civili, sono viste dall’alto. Esse mostrano diverse prospettive e danno un’idea amplificata di ipotetiche evoluzioni urbane in chiave futuristica. Le costruzioni e le strutture viarie sembrano sfidare la legge di gravità, come se non avessero peso, capaci nello stesso tempo di sopportarne tantissimo. Nelle soluzioni scelte da Capone spesso incontriamo, come in questo caso, percorsi tratteggiati, che hanno un loro senso ed una funzione specifica all’interno della costruzione geometrica: rappresentano le interruzioni, i cambi di direzione, le variabili della mobilità moderna e i margini delle alterazioni e mutazioni, spesso incidentali, tipiche di una società che esige una forma di controllo e lavora per ottenerla.