EZIO ARCURI

La “fatica” pittorica di Raffaele Ripoli ferma sulla tela scorci di borghi antichi, albe e tramonti, momenti di vita paesana, “turre” solitarie, figure accennate di uomini e donne che si muovono, nella loro staticità, in una atmosfera quasi surreale. Al fruitore, dagli occhi distratti e dallo sguardo fugace, può sembrare che il pittore abbia un eccesso di cura dei volumi, nelle sue geometrie precise e armonicamente contestualizzate, ed è vero! Tale preoccupazione, però, non si materializza in un freddo virtuosismo fine a se stesso, perché l’uso caleidoscopico di coloro caldi, a volte abbaglianti, conferiscono alle tele un’atmosfera mediterranea da cui promana una vitalità sussurrata, pur nell’apparente silenzio inanimato. Ma ciò è dato scoprirlo solo a quanti sono capaci di compiere viaggi della mente. Ed è proprio in viaggio nella memoria che l’opera di Raffaele Ripoli conduce e guida chi la guarda con occhi incantati e, forse, anche un po’ malinconici. E’ nel viaggio il paesaggio, i vicoli, i volti appena accennati, apparentemente inespressivi e privi di aneliti comunicativi, che parlano, sussurrando la fatica del vivere e mostrano la tensione liberatoria nelle note di strumenti antichi, che affondano le radici in un folclore esorcizzante, lontano e pur attuale. Le tele di Raffaele trovano una possibile chiave di lettura nella sua esperienza di vita e professionale. Egli si è formato a studi prettamente tecnici: è laureato, infatti, in architettura, e da ciò la cura dei volumi. Dopo lunghe esperienze di studio e lavorative in Olanda, il nostro Autore è ritornato a vivere nella terra di origine: un borgo antico, benedetto dal cielo per la sua posizione prospiciente il golfo di Lamezia, da cui si possono godere albe e tramonti che trasportano in una dimensione mistica e contemplativa; un borgo che lui ama come figlio riconoscente, e da cui trae l’assolata dolcezza, l’abbagliante luminosità e il cobalto intenso dei colori, che danno un’anima alla sua pittura.


EZIO ARCURI

Cosenza, febbraio 2020