FRANCESCO ALBERONI

Ricordo quando Rolando Conti ha dipinto il primo animale della serie. Costituiva una rottura brusca, quasi una rivolta, rispetto all’ispirazione poetica che lo aveva guidato negli ultimi anni. Un periodo in cui aveva dipinto grandi tele con una forte ispirazione romantica e simbolica. Spesso un nudo di donna in una natura verde, fresca, immacolata come il giorno della creazione. Con montagne lontane, cascate d’acqua e di luce, con simboli arcani, minuziosamente dipinti con virtuosismo compiaciuto. Quadri pieni di pace e di mistero che inducevano alla contemplazione e alla meditazione. Alcuni come la “maternità”, carichi di una solenne potenza vitale. Altri come la “nascita di Venere” o “Pandora”, intrisi di un inquietante erotismo. Ed ecco che al culmine di questa ricerca, credo proprio dopo aver terminato Pandora, Rolando si mette a dipingere una mucca. Una grande mucca in un quadro di due metri per due sullo sfondo di una collina. Una mucca senza simboli, senza richiami mistici, veristica, naturale, quotidiana, agreste, buona. E poi, qualche tempo dopo, un maiale. E quando gli ho domandato perché l’avesse fatto mi ha risposto che l’aveva colpito la stranezza di quel muso. E più ancora il fatto di non essersi accorto prima di quali stupefacenti, imprevedibili, sconcertanti forme di natura ci offre e che noi non siamo più abituati ad osservare, a vedere…