Alberto Dambruoso, storico dell'Arte, professore di Storia dell'Arte, critico e curatore indipendente d'Arte - 2020

Notoriamente gli artisti sono dotati di una sensibilità maggiore rispetto alle persone co-muni e, probabilmente proprio grazie a questa loro peculiarità, riescono anche ad avverti-re in anticipo eventi, situazioni, accadimenti della vita che, quasi puntualmente, si verifi-cano poi in seguito.

E’ questo sicuramente il caso dell’artista sorano Michele ROSA che già nel 2009, ben dieci - undici anni in anticipo rispetto al manifestarsi del Covid 19, aveva rappresentato il concetto di virus pandemico all’interno di una serie di opere pittoriche di grande forza espressiva.

Poco prima di iniziare questo ciclo pittorico aveva anticipato in uno scritto, che oggi ci appare a dir poco profetico, quali erano i suoi intenti. Ne riporto qui di seguito l’incipit del testo datato 12 dicembre 2008: “E’ un fatto che la vita dell’uomo sulla terra sia breve, e quanto più passano i suoi giorni, tanto più ciascuno percepisce la provvisorietà della propria condizione. Avverto l’esistenza instabile e precaria per la suscettibilità agli agenti aggressivi, invisibili ma non per questo inesistenti. Intuisco l’incombenza di un evento sconvolgente”.

Così, a distanza di una decina d’anni da quel felice momento creativo, si è riproposta un’altra occasione per riprendere in mano i pennelli e tornare nuovamente alla rappresen-tazione di qualcosa che purtroppo oggi, rispetto a prima, ci riguarda da vicino.

A tal proposito, si è pensato insieme all’artista di mostrare per quest’esposizione, di cui questo catalogo intende dare testimonianza, entrambe le serie di dipinti: quella realizzata appunto nel 2009 e quella invece realizzata di recente durante il periodo del cosiddetto lockdown.

Vi sono sicuramente e si avvertono direi abbastanza chiaramente delle differenze nelle due serie: più formali e maggiormente pittoriche le opere del 2009, più astratte e realizza-te anche avvalendosi di elementi extra-artistici quelle del 2020. Un dato comune lega pe-rò entrambe le serie e questo va individuato a mio giudizio nella grande vitalità del colo-re, ottenuto attraverso l’utilizzo di una tavolozza nella quale alle gamme cromatiche squil-lanti si alternano altre più pacate, imprimendo così un senso di equilibro a tutte le compo-sizioni.

Sorprende poi, oltre alla straordinaria creatività dell’artista di cui parlerò più sotto, la grande energia promanante da tutte le opere, realizzate non da un pittore di trenta - qua-rant’anni (come probabilmente a molti potrebbe sembrare) ma da uno giunto alla vene-randa età di novantacinque anni!

E’ questa la prova provata di come l’arte sia una categoria dello spirito che non ha alcuna età ma che anzi è in grado semmai di ringiovanire le persone o comunque non farle in-vecchiare. Durante tutto il periodo del lock down Michele ROSA ha avuto la possibilità di lavorare nel suo studio e fare arte per lui è stata una medicina quotidiana, una sorta di salvavita.

Prendendo in considerazione i vari soggetti rappresentati pittoricamente stupisce, come anticipato poche righe più sopra, la fervida fantasia creatrice di Rosa.

Quali forme, quali sembianze assume un virus nella realtà? Rosa ha cercato di rappresen-tare in modi sempre diversi qualcosa che nella realtà é di fatto irrappresentabile se non at-traverso la lente del microscopio. Come se avesse voluto ingrandire ciò che stava veden-do in un laboratorio, Rosa ha così cercato di individuare delle possibili iconografie del vi-rus. La grande fortuna è che le sue opere rispetto al virus non fanno paura ma anzi ne danno un’immagine tutto sommato piacevole. Ma questi sono gli artefici della pittura e Rosa dall’alto dei suoi novantacinque anni, sa bene i trucchi del mestiere!