Antonella Ventura
Antonella Ventura
Sedimentazione materica
Ha studiato arte presso l’Accademia di Belle Arti di Macerata (sezione pittura). All’inizio degli anni '80 estende la sua energia creativa anche al campo della grafica, con un occhio particolare alla fotografia e alle tecniche di stampa, dando l’avvio a un accurato, preciso e silenzioso lavoro d’introspezione del mondo visivo circostante, di cui Stefano Catalini si fa dapprima tecnico e poi completo traduttore.
La completezza dell’articolato campo artistico di Catalini si desume dai differenti linguaggi, grafico e pittorico, in futuro sicuramente anche scultoreo ma, soprattutto, dall’estenuante e costante lavoro di ricerca svolto. Vivacemente speri- mentale nell’accostamento degli stili, essenzialmente materico, concepisce la performance artistica come una lenta erosione della forma, come un’involuzione regolare e compassata del tratto e del segno, sino a un’autorevole scoperta dell’essenza stessa della conoscenza del magma-materico.
Interessante lo spazialismo del lavoro-manifesto della sua grafica (il lavoro della mostra su Crivelli) dove il concetto di comunicazione si sposa con l’estetica, definendo in maniera sobria il difficile equilibrio con l’etica. Qualora vi siano lavori evocativi vissuti con l’enfasi dei suoi preziosissimi e rari stati d’animo emotivi, la sua pittura si carica di una sana, lineare e pulita sensualità che vive in tele dipinte monocromatiche di forti colori accesi. Allineati, incisivi e lontani come gli oli dei neoespressionisti tedeschi, «perché nulla è più bello di una vita reale pulsante».
Realmente la sua arte si colloca come un naturale ciclo della Madre Terra, che lenta compie ogni giorno sostanziali cambiamenti, che l’uomo medio non avverte, salvo casi eccezionali. L’arte di Stefano Catalini è un processo metafisico regolato dalla “deposizione” accurata delle cromie e degli oli sulla superficie, dove l’analisi che sottende è il calcolo quasi matematico dell’assenza-presenza dell’incisività dell’uomo-Catalini sulla vita.
La vita è la tela, per Stefano Catalini. Le emozioni ancestrali e paradossali, come enormi canali di passaggio, traduco- no stati fisico-liquido, espansi e multisensoriali di pensieri e parole. Filosofia applicata o anche teoretica pratica, ove il disegno “Dio” è un lavoro che l’uomo esegue ma non “conosce”.
Ciò che infatti servirebbe all’opera di Catalini è un asserzione più devota, un’applicazione fedele che sicuramente con- fluirebbe a un pensiero compiuto; vi sono infatti dei principi, filosoficamente aperti e non “ripresi”, come il concetto degli spazi e dell’Uomo, sí praticati nell’opera pittorica di Catalini, ma non risolti: l’ansia prevale sulla risoluzione equilibrata della collocazione di spazio-tempo-uomo, pur essendo in ogni lavoro presenti tutti e tre gli “attori”. L’opera di Catalini è oggettivamente Arte, poiché ha insiti quei principi che la rendono tale: l’universalità dell’uomo contemporaneo, che ha visto tutto e trattiene solo l’essenziale, e un reale stato “contemplativo” dell’intellettuale contemporaneo che attende, non sa come e da dove, un forte cambiamento.
C’è attesa nell’opera di Catalini e forse è questa la lettura oggettivamente piú interessante; anche se in ogni suo lavoro, peraltro, mutano i modi di percepire il quadro: è aperto cioè a diverse “angolature” e si sperimentano formati inediti, reflusso del mondo della grafica. Ogni composizione è un semplice momento o episodio di un processo interiore di raccoglimento, di meditazione. Il carattere di frammento, le linee, le sospensioni, le lievi irregolarità o asimmetrie distribuite sulla superficie parlano di come interiormente l’esperienza della pittura viene vissuta, della necessità all’o- rientamento che è traducibile in ogni esperienza umana: l’uomo è solo, caduco e spaesato in un vasto campo “visivo”. La cornice o il margine esterno del telaio sono delimitazioni convenzionali per piú versi impropri.
Il reportage continuo e frammentario coincide con la relazione fotografica, quasi deposito d’immagini, sorta di raccolta di elementi oggettivi, fotogrammi sfuggiti ai piú e che Catalini adopera con la frequenza della velocità della luce, attra- verso la cornea del suo occhio e/o di qualsiasi strumento di advisor (dalla macchina al computer). Per contro avviene una tramutazione lenta dello stesso concetto, divenuto materia sedimentata, con una dimensione narrativa, dove colpisce l’apparenza “archeologica” compiuta dalla stessa.
Opera di pura cosmologia con contributi di ingegneria biomolecolare, ci porta ai cambiamenti ambientali, o ai depositi dei liquami da parte dell’uomo post-industriale.
A fronte di una dimensione futile e ingenuamente esornativa dell’opera d’arte, cosa peraltro nel tempo moderno su- perata con la strumentazione della macchina fotografica, Catalini risponde con una “inserzione” composita di elementi biomorfi, che citano mutamenti in corso perpetrati con e contro l’uomo stesso, realizzando perciò un’opera che ha ci- netismo, un movimento continuo su se stesso e sullo stesso asse, come la Terra, da cui prende tutti gli elementi meno la presenza di alcuna forma umana.
Il concetto della presenza dell’uomo su questa terra è per Catalini, infatti, secondario: l’uomo appartiene all’Universo e non è solo relegato su questa fantastica realtà che è la Madre Terra, che lo stesso uomo non ama, poiché non la capisce. Capire “qualcosa” infatti è per Catalini mettersi all’ascolto, raccogliere ogni elemento, lasciarsi compenetrare
e fondersi con quella stessa “cosa”, perdere la coscienza di quell’Io ego-panta-centrico, in cui l’uomo ha fatto girare tutto intorno ai propri bisogni.
Arte, sperimentazione scientifica di un pensiero in movimento è la produzione artistica di Catalini che, lentamente, approda alla rappresentazione tridimensionale del progetto creativo, sorta d’installazione geo-materica dove i modelli narrativi esortano a dei punti di domanda piú che a fornire delle risposte.
La parola “astratto”, erroneamente usata per molto tempo in certi ambienti della critica, realmente non esiste o meglio è intellettualmente obsoleta: tanto piú questo si vede nei lavori di Catalini, che parlano di fusioni, liquido-solide, impra- ticabili, e che aprono a prospettive chimico-fisiche in divenire, in una parola “metafisica materica”, ossia una metafisica di elementi non emotivamente giocata sul senso-non senso delle cose ma sul sento non sento della Materia.
ll proposito segreto e ossessivo di Catalini è realizzare un’opera che sviluppi meccaniche interne e processi di accre- scimento evolutivo sociale, dove dietro all’apparente semplicità del gesto vi è il contrasto tra le opposte qualità “psico- logiche” dei materiali impiegati: la cera è calda e modellabile, il legno è vibrante e proteso, il metallo è freddo e rigido; contrasto riconducibile a un messaggio forte, foggiato in modo d’essere pungente.
Dicotomie diverse, seppur già ampiamente praticate dalla seconda metà del secolo scorso, come dal grande Joseph Beuys, ma lentamente dimenticate dall’Arte del disimpegno contemporaneo, che invece Catalini pratica, distaccato in quiete-silenzio lontano dal superfluo e dall’ostentazione tout court.
Verrebbe da dire di Stefano Catalini che è uomo d’altri tempi e “roba” d’altri tempi la sua, se non che il tempo non esiste, è una mera costruzione umana: ciò che rimane in definitiva è la sua materia-energia, come le opere di Stefano.
agosto 2010