Claudio Nalli
L’artista c’è... serve ancora!
“L’Arte non serve a nulla, ha perso la sua natura. L’Arte è morta!>”
Frasi ricorrenti, ma sbagliate. L’Arte non è una sovrastruttura. L’espressione artistica è connaturata all’uomo. Sminuirne la portata e la funzione non servirà a eroderne l’essenza. La volontà di rappresentazione esiste fin dall’età della Pietra Antica e si è manifestata prima dell’Economia, prima
della Religione, della Scienza, della Filosofia... L’Arte è necessaria all’Uomo, essa è un’esigenza dello spirito-corpo. Si presentò con la piena consapevolezza che la Realtà era più ampia di quanto l’Uomo potesse vedere e toccare. La Realtà, per l’artista stregone primordiale, si allungava oltre il suo Orizzonte. Il “Mondo” era nell’Immaginazione. Egli intuì, prima degli altri, che il “Mondo” si identificava con la “Visione del Mondo” e che questa determinava la Realtà.
L’Immaginazione creativa caratterizzò l’Uomo più di altri esseri viventi conferendogli poteri speciali e modificando il suo Codice Genetico nel tempo. Fin da quando abitava le caverne, l’Uomo sentì il bisogno di simulare mondi, eventi, storie. La capacità di organizzare ramificazioni di mondi possibili, reali, o raccontati, divenne un impulso peculiare all’Evoluzione della specie. Questo fare/essere distinse il Gioco infantile di tutte le civiltà e di tutte le epoche, e non è un caso se l’artista sente di dover tornare bambino, per essere utile. Da bambini, infatti, le Configurazioni del Mondo sono infinite e tutte buone.
L’artista-stregone, fin dalla Preistoria, era una rarità. Più degli altri, egli poteva vedere la struttura dei mondi possibili, crearli, distruggerli, modificarli, renderli disponibili. Le Azioni, le Parole e i Segni di questo artista-stregone incidevano sugli equilibri del clan. Tutto ciò confluì lentamente nell’idea di Opera d’Arte. L’Arte assunse varie funzioni, ma la prima e più importante rimase la stessa: migliorare la fluidità strutturale del Codice Genetico umano, adattandolo continuamente al Miglior Mondo Possibile. Le strutture rituali, simboliche e operative dell’Arte furono la base per altre discipline.
L’opera d’arte è dunque una sintesi/simulazione “aperta” di un mondo reale/probabile che aiuta l’uomo comune a vedeClaudio
Nalli
L’artista c’è... serve ancora!
re ciò che a lui sfugge, a sperimentare una ritualità perduta, sepolta nelle pieghe della sua memoria, ma ancora viva.
Le opere di Stefano Catalini nascono da questi percorsi e da questi contenuti. La loro stabile qualità di texture, l’occhio attento al marginale, quella materia sublimata in archetipi che così facilmente ci attrae, la sostenibile leggerezza dei segni incisi e la capacità, tutta marchigiana, di accogliere il disperso, l’inutile e il casuale per ridargli una vita e una casa; tutto ciò ci aiuta a penetrare l’invisibile, ci accompagna con umiltà di fronte all’ombra di un Uomo migliore, più sensibile, più equilibrato, più armonico con il Mondo dei viventi, e arrivati lì tocca a noi crescere e scegliere, abbandonare le ombre e seguire l’Uomo migliore. L’Arte richiede infatti l’attivazione dell’Essere, il moto dei ricordi e della percezione. L’individuo passivo non capirà nulla dell’arte, del suo significato e del suo valore, non capirà nulla di sé stesso e, non avendo visioni del mondo, non si evolverà. Catalini ci propone coerenti Configurazioni del Mondo che esigono umiltà, però, e una complicità intima e profonda. Le sue opere ci chiedono partecipazione e passione per portarci in quel Mondo Migliore dove tutto ha valore, il marginale prima ancora della rigida icona. Così per Catalini una pizza bruciacchiata, un cartone usurato, o l’impronta di una bottiglia vuota non sono Entropia, sono le Tracce di un percorso che ci potrebbe condurre misteriosamente dove abbiamo sempre desiderato Essere, dopo un’attesa lunga una vita.
settembre 2013