Silvia Arfelli
Maja Desnuda, Forlì
Articolandosi lungo una direttrice ben strutturata dal punto di vista progettuale ognuna delle composizioni di Catalini tende ad aprire squarci narrativi che superano i vincoli semantici della rappresentazione e che tuttavia si evidenziano con i gesti comunicativi e significanti, i canoni estetici dell’artista non sono certamente trasversivi bensì solidamente ancorati a quella tradizione informale ormai storica che avendo superato la figurazione naturalista ha aperto nuovi percorsi artistici basati sulla visionarietà cromatica e sul dinamismo spaziale, ribaltando nel gesto pittorico un’interiorità solo esprimibile in simbologie segniche. Questo artista apre spazi luminosi di materia pittorica che si presta a una rappresentazione a una tensione, la stesura si presenta corrugata e pastosa esplosiva nei tratti netti ma sensibile ed ariosa negli incontri dialettici fra le cromie primarie e il nero più profondo. La pastosità che si deposita sulle superfici della tela rivela intriganti potenzialità interpretative e se si osserva la qualità illusionistica dei grumi di colore è possibile leggere una sorta di scrittura emergente dal buio con un’attesa di un’alba che porta con se come si sa i messaggi onirici più rilevatori, come si può scrivere sul muro che è il titolo per l’appunto dell’opera, qui il segno pittorico si esalta in una gestualità espansiva e in una spinta istintuale controllata dal rigoroso impaginato spaziale che ogni volta si ripropone diverso in una nuova enunciazione cromatica e narrativa. La pienezza visiva di queste composizioni annuncia la complessità psicologica di un artista capace di districarsi nelle profondità più irraggiungibili dell’introspezione e tuttavia guidato da una ragione passionale che si traduce nella sequenza di una tecnica esecutiva esercitata con mano ferma e capace di predisporre consapevolmente i risultati visivi che vuole ottenere. La grafia pittorica di Stefano Catalini può anche essere letta come l’intreccio di un automatismo psichico modellato sull’ideazione strutturale studiata la quale è poi il tatto visivo che segna la cifra stilistica e la riconoscibilità dell’artista. Tuttavia le sue ragioni espressive corrispondono anche ad un personalissime rifiuto delle geometrie mentali precostituite preferendo l’opzione liberatoria di un’estetica personale che si basa sull’equilibrio compositivo come valore in se e nella precisione organizzata dello spazio visibile trattenendo la sua creatività nel cadere in simbologie arcane o in quelle elucrubazioni intellettualistiche che hanno sovente appannato l’attendibilità dei teorici della figurazione.
dicembre 2017