Prof. Giuseppe Mandato
Un uomo senza memoria è un uomo senz'anima, alla vana ricerca della sua "identità". Ed Empireo, in questa personale "recherch du temps perdu", fa della pittura il luogo della memoria, il momento in cui rintraccia i legami con il proprio spirito.
Nei suoi dipinti si avverte tutta l'urgenza di tramutare in immagini ricordi, momenti, frammenti di vita che perennemente sono trascinati, rivoltati, sommersi dal fluire della nostra esistenza.
Egli li coglie, li fa riemergere dal fondo della coscienza, se ne (ri)appropria nell'attimo stesso in cui li fissa in evidenti e vigorose espressioni pittoriche.
Si tratta di soggetti quotidiani, usuali, umani nel senso pieno del termine, ma proprio per questo carichi di una gestualità calma, solenne, sacrale.
Dinanzi a tele come "Giocavamo con le barchette di carta" o "Scalpellini", si ha l'impressione d'essere partecipi di un rito, di cui noi stessi diveniamo protagonisti man mano che le figure diventano il luogo anche della nostra memoria, le cui ombra affiorano dal nostro animo, si delineano, assumono la vigorosa evidenza plastica che ad esse infonde l'artista.
E' un percorso faticoso e dolente, che imprime ai volti una malinconia ed una serietà proprie di chi conosce la precarietà e la durezza dell'esistenza.
Tutto questo Empireo trasmette nelle sue opere, con un linguaggio concreto e asciutto, dal quale bandisce quasi del tutto gli aspetti decorativi e festosi del colore per dare invece piena voce ad una serrata dialettica chiaroscurale, generatrice di forme scultoree, le quali emergono dal fondo delle tele con forza, occupano pressochè completamente lo spazio, che risulta alla fine contratta e con forzature prospettiche di forte valore espressionistico, come nella bellissima "Maternità".
Ora, di là dal substrato culturale, riguardo al quale ognuno può cimentarsi nel cercare affinità con questo o quell'autore, con questa o quella corrente, rimane vivo l'impressione di trovarsi di fronte ad un artista che, dotato di una notevole potenza espressiva, ti trasporta attraverso i luoghi di una memoria che alla fine non è più sola la sua, ma quella di ciascuno di noi.
1992
Nei suoi dipinti si avverte tutta l'urgenza di tramutare in immagini ricordi, momenti, frammenti di vita che perennemente sono trascinati, rivoltati, sommersi dal fluire della nostra esistenza.
Egli li coglie, li fa riemergere dal fondo della coscienza, se ne (ri)appropria nell'attimo stesso in cui li fissa in evidenti e vigorose espressioni pittoriche.
Si tratta di soggetti quotidiani, usuali, umani nel senso pieno del termine, ma proprio per questo carichi di una gestualità calma, solenne, sacrale.
Dinanzi a tele come "Giocavamo con le barchette di carta" o "Scalpellini", si ha l'impressione d'essere partecipi di un rito, di cui noi stessi diveniamo protagonisti man mano che le figure diventano il luogo anche della nostra memoria, le cui ombra affiorano dal nostro animo, si delineano, assumono la vigorosa evidenza plastica che ad esse infonde l'artista.
E' un percorso faticoso e dolente, che imprime ai volti una malinconia ed una serietà proprie di chi conosce la precarietà e la durezza dell'esistenza.
Tutto questo Empireo trasmette nelle sue opere, con un linguaggio concreto e asciutto, dal quale bandisce quasi del tutto gli aspetti decorativi e festosi del colore per dare invece piena voce ad una serrata dialettica chiaroscurale, generatrice di forme scultoree, le quali emergono dal fondo delle tele con forza, occupano pressochè completamente lo spazio, che risulta alla fine contratta e con forzature prospettiche di forte valore espressionistico, come nella bellissima "Maternità".
Ora, di là dal substrato culturale, riguardo al quale ognuno può cimentarsi nel cercare affinità con questo o quell'autore, con questa o quella corrente, rimane vivo l'impressione di trovarsi di fronte ad un artista che, dotato di una notevole potenza espressiva, ti trasporta attraverso i luoghi di una memoria che alla fine non è più sola la sua, ma quella di ciascuno di noi.
1992