Traslatio

di Lartevowbg

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Descrizione

La natura è strana. Regolata da leggi arzigogolate, causalmente determinata ma casualmente incappata e, successivamente, indagata, si presenta a noi umani pregna di contraddizioni e misteri, che, anziché gettarci nello sconforto causato dagli infiniti ma perlopiù fallimentari tentativi nel comprenderla, sempre più ci stupisce e ci meraviglia. Misteri e contraddizioni che toccano le corde dei nostri sentimenti più reconditi, affinché essi possano svegliarsi dal loro torpore e rinvigorirsi alla visione di cotanta bellezza. La natura è strana sì, ma lo è meravigliosamente grazie a tutta la segretezza che essa si porta dentro, grazie a tutti quei meccanismi che la rendono così variegata da necessitarle una suddivisione in tre regni: animale, minerale e vegetale. Ed è proprio su quest’ultimo che Berardino Galasso concentra la sua attenzione per la realizzazione di “Traslatio”, un “mobile” di tipica reminiscenza calderiana, e in particolare su uno degli aspetti più curiosi che lo caratterizza: il dualismo tra vita e vitalismo.

Il mobile in questione si compone di tre semplici elementi: quattro asticelle di metallo, un cerchio di legno e un ramo di vite. Tre soli elementi per rendere l’estrema complessità del regno vegetale, l’unico dei tre a possedere una vita pur essendo manchevole di vitalismo. L’artista gioca proprio su questo rapporto di discontinuità per la resa della sua opera, la quale diventa il risultato finale di una duplice operazione: trasformare un ramo di vite da statico a dinamico e, conseguentemente, rendere quest’ultimo vitalistico e non semplicemente dotato di vita. Il ramo di vite è chiaramente pregno di vita, essendo un essere vivente a tutti gli effetti, ma condivide con tutti gli altri elementi della dimensione vegetale una caratteristica peculiare: non presenta alcun tipo di vitalismo. Il suo stare fermo, immobile, immerso in una condizione di fissità permanente viene completamente ribaltato dal senso dell’opera stessa: inserito all’interno della composizione ligneo-ferrosa appesa ad un filo, il ramo di vite abbandona la sua staticità naturale per acquisire una dinamicità estrinseca che, al contempo, lo carica anche di vitalismo. Tra mera vitalità e vitalismo, infatti, intercorre una differenza molto lieve, poiché il vitalismo altro non è che il vedere la semplice vita come una sorta di potenza, una forza visibile ad occhio nudo, situazione che non viene minimamente contemplata quando si parla solo di vitalità. Il ramo di vite, in questo modo, oltre che a possedere vita, così come la natura stessa legifera, assume un forte impulso vitalistico, ottenuto grazie ai flussi di corrente che muovono la scultura a 360°.

Per concludere, corredato da un gioco di parole tra i sostantivi “vite” (della quale tipologia è il ramo adoperato per l’opera) e “vita”, il mobile in questione invita il fruitore ad apprezzare il modo in cui un elemento naturale e vitale fondamentalmente statico possa diventare, attraverso l’immaginazione e la fantasia artistiche, a tutti gli effetti dinamico e vitalistico o, detto in altre parole, espressione di una potenza di carattere vitalistico, sottolineando anche come non sia scontato che un essere vivente sia contemporaneamente vivo e vitalistico, ovvero dotato di vita e capace di esprimere questa sottoforma di impulso/forza.

(descrizione a cura di Daniele Galasso)

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