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Descrizione

Per visibilia ad invisibilia - Progetto mostra collettiva di OnArt Gallery di Firenze


Dalla Bellezza materiale alla Bellezza Spirituale - Romina Sangiovanni


“La creatività è più importante della conoscenza. La conoscenza è limitata, mentre la creatività abbraccia il mondo stimolando il progresso e dando impulso al futuro”.
Albert Einstein


Sarà proprio questa concezione a indirizzare l’arte, verso una traduzione della bellezza in termini non solo di proporzionalità, ma anche di valori di luce. Ne costituisce una delle prove più evidenti lo sviluppo conosciuto, specie in Oriente, dagli edifici a pianta centrale: metafora dell’Universo, rappresentazione mistica del cosmo in cui forma e luce costituiscono il percorso analogico che il fedele compie nel passaggio “per visibilia ad invisibilia”, dalla bellezza materiale alla bellezza spirituale.    
Il senso racchiuso in questo progetto è focalizzare la ricerca artistica sia dal lato tecnico: scelta degli strumenti, della materia e del supporto, arrivando a focalizzare l'arte e l'artista nell'atto creativo: l' artista attraverso il soffio vitale o anima riesce a donare all' opera emotiva, sensibilità ed identità, l'essenza stessa che si pone da specchio e tramite rispetto al fruitore, divenendo comunicazione ed attuazione.
Ogni qualvolta si approccia all'arte in senso meramente, permettetemi il termine, superficiale, si vive l' opera come “prodotto” confinato: non ci si accorge della sottile presa di consapevolezza e dell' atto creativo che vi è dietro.
Questo accade, perchè il fruitore non si rende conto del processo creativo dell'atto sensibile che intercorre tra l'opera finita e la fase di immedesimazione e spiritualità che è insito nell' atto creativo, il respiro che l' anima dona all'artista per la creazione. Si deve invece porre attenzione, al processo creativo come verità prima per l' artista, e come verità prima per chi è sensibile ad accogliere l' opera, cercando di comprendere come l' atto creativo diventi per l'artista stesso il viaggio verso la verità.
La chiave risiede in quel sottile passaggio che si chiama comprensione attraverso il sentire, per poter scorgere quegli universi al quale l' artista attinge e che vuole donare.
In ciò rientra la concezione platonica dell' Eros come mediatore trascinante l’ uomo dalle cose sensibili alle idee, troviamo l’anticipazione dell’idea dell’Amore visto come forza cosmica che plasma il mondo e guida. L’Amore, dunque, si delinea come concetto funzionalmente estetico, di ispirazione ciceroniana, produttore di bellezza naturale ed artistica; e poiché Amore è tensione all’Ideale e all’Essere, natura, arte e bellezza sono mosse da esso.
Agostino, per il quale la meta di ogni attività artistica era Dio, non poteva accettare l’imitazione e l’illusione come funzioni proprie dell’arte. L’abbandono della teoria mimetica e illusionistica aprì la strada ad una nuova teoria e ad un nuovo principio di discriminazione tra pittura e scultura e le altre arti.
Se la funzione specifica di queste ultime non è l’imitazione, né la creazione di illusioni, che cos’altro può essere se non la capacità di conferire misura e armonia? E poiché la bellezza consiste proprio nella misura e nell’armonia, la funzione della pittura (come della scultura) è di creare bellezza.
Agostino, quindi, avvicina (cosa che non troviamo nel pensiero antico) i concetti di Arte e Bellezza, operando una trasformazione del concetto di imitazione in senso antinaturalistico; infatti, il presupposto per cui ogni cosa possiede una sua bellezza (e tracce di bellezza sono presenti in tutto) porta Agostino a sostenere che là, dove l’arte imita, non imita tutti gli aspetti di una cosa, ma ne scopre ed esalta le tracce di bellezza: Le tracce lasciate dall’impronta di Dio.
Dopo la dissoluzione del Bello come criterio estetico, una delle strade possibili per gli artisti è dunque interrogarsi sulla natura e la funzione dell’arte.
Dunque, come è stato detto per Marcel Duchamp e anche per Kosuth vale la sorprendente considerazione che la sua opera migliore è stata l’impiego del suo tempo. La radicalità spiazzante di questa affermazione trova riscontro nella posizione altrettanto radicale di Kosuth, quando sostiene che il ‹‹pubblico dell’arte concettuale è soprattutto composto di artisti - vale a dire, non esiste un pubblico separato dai partecipanti. In un senso, allora, l’arte diviene tanto “seria” quanto la scienza e la filosofia che nemmeno hanno un “pubblico”. Diviene interessante o meno nella misura in cui si è informati. Precedentemente, lo “speciale” status dell’artista lo aveva relegato a essere semplicemente un sommo sacerdote (o stregone) del mondo dello spettacolo››.
Queste affermazioni si possono mettere in relazione con il pensiero di Arthur Coleman Danto, come scrive M. Villani nel libro: ‹‹venuto meno il bello come criterio che decide dell’artisticità, quest’ultima è fatta dipendere da interpretazioni teoriche extra-estetiche di tipo filosofico: l’arte perde la propria autonomia e “adempie al proprio destino diventando infine filosofia”›› .
Fondamento dell' arte diviene quindi la concezione dell' anima intesa come soffio, vento, in molte religioni, tradizioni spirituali, è la parte di un essere vivente distinta dal corpo fisico che tipicamente come denota la sua etimologia veniva assimilata al respiro. Nell'anima è spesso implicita l'idea di una sostanziale unità e immutabilità di fondo, che permane ai mutamenti del corpo e presiede alle sue funzioni. In alcune culture si attribuisce l'anima ad esseri viventi non umani, appartenenti alla natura. Nel complesso sistema cosmico e delle relazioni tra Macrocosmo e Microcosmo il luogo dove risiede il vento è il petto dell'uomo che racchiude in sé, in un intima miscela, tutte le propietà alchemiche delle cose.
L'anello del vento, del Sole e delle stelle è il cielo etereo dove soggiornano le stelle fisse illuminate dal Sole e dove l'alito divino, il soffio, è il legame tra il Mondo superiore e quello inferiore divenendo lo spazio tra Luce e tenebra, grado spirituale e grado materiale.
Hegel sostiene che l’estetica non deve essere intesa né come “scienza del sentire”, seguendo le tesi avanzate da Baumgarten, né come una disciplina che prende in considerazione i sentimenti suscitati dalle opere d’arte, bensì come “filosofia dell’arte” avente per oggetto il “bello artistico”, superiore, nella sua spiritualità, rispetto al bello naturale. Se in Kant la trattazione del bello riguardava tanto il bello artistico quanto il bello naturale, e il sublime era considerato esclusivamente come sublime naturale, nell’estetica di Hegel, in virtù del principio secondo cui “tutto quel che è spirituale è superiore a ogni prodotto naturale”, l’essenza della bellezza risiede nell’arte in quanto prodotto dello spirito: “l’opera d’arte è tale solo in quanto, originata dallo spirito, appartiene al campo dello spirito, ha ricevuto il battesimo di spirituale e manifesta solo ciò che è formato secondo la risonanza dello spirito”. Di qui deriva la legittimazione dello statuto filosofico e scientifico dell’estetica: essendo lo spirito pensiero in divenire e l’arte manifestazione dello spirito, nel pensare l’arte lo spirito pensa se stesso in una delle proprie forme, e questo pensarsi dello spirito è proprio ciò che definisce la filosofia. Il fine dell’arte, secondo Hegel, non è né l’imitazione della natura né il
tentativo di suscitare sentimenti e purificare le passioni, né l’ammaestramento o il perfezionamento morale: il vero scopo dell’arte è “rivelare la verità sotto forma di configurazione artistica sensibile”. Nel bello artistico si ha la manifestazione sensibile della verità, la rivelazione concreta e individuale dell’universalità dello spirito, “l’apparire sensibile dell’idea”. In questo senso l’arte è essenzialmente mediazione e conciliazione tra spirito e materia, universale e particolare, infinito e finito, pensiero e sensibilità: essa è un prodotto dello spirito con il quale questo dà vita a una prima forma di “conciliazione tra ciò che è semplicemente esterno, sensibile e transeunte, ed il puro pensiero, tra la natura e la realtà finita e l’infinita libertà del pensiero concettuale”. L’opera d’arte è dunque al tempo stesso sensibile e spirituale, si offre alla nostra apprensione sensibile e al contempo rivela attraverso di essa il proprio contenuto spirituale: “Perciò il sensibile nell’opera d’arte, in confronto con l’esistenza immediata della cosa naturale, è elevato a semplice parvenza, e l’opera d’arte sta nel mezzo tra la sensibilità immediata e il pensiero ideale. L’opera d’arte non è ancora puro pensiero, ma, nonostante la sua sensibilità, non è più semplice esistenza materiale, come le pietre, le piante, la vita organica”. A differenza delle pur varie forme del bello naturale, l’opera d’arte reca in sé un momento della vita dello spirito e fa appello a un pensiero capace di comprenderla nella sua essenza: essa “è essenzialmente una domanda, un’apostrofe , rivolta ad un cuore che vi risponde, un appello indirizzato all’animo e allo spirito”.
In quanto manifestazione, mediazione e conciliazione, l’opera d’arte costituisce una delle forme del percorso lungo il quale lo spirito si libera dall’esteriorità della natura per ritornare alla piena comprensione di sé. La natura sensibile dell’opera d’arte non è dunque mera parvenza bensì manifestazione e fenomeno della verità. Essa è il luogo in cui si conciliano un sensibile spiritualizzato e uno spirituale sensibilizzato.
Questa mostra vuole porre l' attenzione sul passaggio dalla concezione formale del vedere il circostante sino all' interpretazione che l'artista riesce a donare attraverso la sua identità ed il suo soffio, donando la verità al fruitore e donando l' invisibile: per la comunicazione non verbale è la geografia che a volte riesce ad arrivare al cuore più delle parole stesse, Silenzio.
“Il processo creativo è un cocktail di istinto, abilità, cultura e inventiva febbrile. Non è come una droga; è quel particolare in cui tutto accade velocemente, un miscuglio di coscienza e incoscienza, di paura e piacere; è un po' come amare, l' atto fisico dell'amare” Sir Francis Bacon

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