War of the Thousand Tears

di Camilla Vernuccio

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Descrizione

È un'allegoria abbastanza complessa, che rappresenta l'angoscia esistenziale che attanaglia l'uomo in questa realtà storica.

Traumi regressi, incomsci, luoghi comuni, violenza radicata ed interiorizzata, cose che ci spingono a soffrire e disilluderci, incattivirci e smettere di sperare. Quasi ad autosabotarci, direi. Ma questo alimenta un meccanismo che ci rende tutti ugualmente vittime e carnefici e non fa bene a nessuno. E va spezzato.

In un mondo in cui non si è disposti ad accettare la felicità altrui, non si è pronti nemmeno alla propria e viceversa.

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È un'idea realizzata di getto perché, per una mia stessa scelta espressiva, dipingo senza particolari concept in mente in modo da poter proiettare sul supporto il modo più inconscio in cui la mia mente vive le proprie emozioni.

È una forma di autoanalisi; di norma infatti interpreto i miei disegni solo dopo la loro messa a termine, proprio perché so che è l'unico modo che io stessa abbia per "fotografare" i miei stati di animo. Lasciarmi andare. È una forma di brainstorming, suppongo.


Interpretandolo, direi ad esempio che la figura dominante, volutamente stilizzata e poco caratterizzata a livello sessuale (per quanto adulta per conformazione) appare quasi frutto di una visione infantile, distante da una realtà che, nonostante la quasi "purezza" della protagonista, l'ha impietosamente ferita e segnata profondamente. Le ombreggiature, il fisico gradevole e forte ma scavato e in decadimento, l'aria provata di chi non è colpevole, ma neanche più totalmente innocente, gli occhi enormi e ormai quasi privi di essenza ma comunque ancora espressivi, l'assenza di organi sensoriali sviluppati ad eccezione delle orecchie: nulla è casuale.

Quella voragine che sembra espandersi ad ogni sua lacrima, proiettandosi dall'interno all'esterno del suo essere.

Sullo sfondo appare un'ambientazione scarna e ricollocabile nell'iconografia popolare a una sorta di Inferno o, comunque, a una scena bellica da cui il soggetto cerca di prendere le distanze, nonostante tutto attorno a lei sembri continuare ad incombere e ad adombrare le sua figura (come appunto una fiamma adombra sempre la metà non illuminata di ciò che ha attorno).

La freccia che la trapassa rappresenta l'ansia, i pensieri, i traumi irrisolti che continuano a ferirla, a farle vedere il mondo con gli occhi di chi non è mai riuscito ad oltrepassare il proprio dolore. O forse lo ha fatto una volta, ma ne ha pagato le conseguenze. O forse lo sta ancora facendo, a modo suo. In ogni caso, il suo dolore tende ad autoalimentarsi: la freccia le duole probabilmente ad ogni sua mossa, ad ogni pensiero; ella piange e questo continua ad espandere la sua voragine.

Potrebbe intendersi anche come una "fame", un bisogno di colmare qualcosa di sempre più incolmabile su un piano fisico, emotivo, mentale ed umano.

Il fiore simboleggia qualcosa di bello, tangibile, ma quasi irraggiungibile allo stato attuale delle cose: per raggiungerlo, infatti, sarà necessario un lungo lavoro sulla propria condizione. 

La scena, in sé, lascia un finale aperto: la freccia sparirà? Riuscirà a togliersela e accettare quella gentilezza, a colmerà il suo vuoto? Oppure la povera anima morirà a un passo dalla sua meta?




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