Uomo che guarda
Descrizione
La tela "Uomo che guarda" racchiude il suo cuore palpitante negli occhi del protagonista e in quello spiraglio di vetro infranto, da cui lo sguardo attraversa il finito e si perde nell’infinito, vagando in una dimensione propria, remota, cosmica, intangibile. Il viaggio dell’anima si avvia e si svolge, avendo come supporto la mano che è posata sulla superficie vitrea, come se dovesse garantire un contatto con la realtà, per consentirsi il ritorno e non smarrirsi nell’indefinito…
La particolare sensibilità umana e artistica di Roberto Mendicino non esita a tuffarsi nel mare dell’io, pur consapevole di quanto possano essere profondi e insondabili i fondali marini: egli esplora l’oceano dell’anima e scandaglia le pieghe più intime e nascoste, fino a non sottrarsi al confronto con lo specchio interiore. Il dipinto consente anche a noi, al pari dell’uomo che scruta oltre il limite, di vedere al di là: attraverso i vetri della finestra si palesa l’ossimorica visione dell’ambiente interno grazie alla suggestione di tepore dei colori caldi delle pareti, contrastante con quella dei colori freddi che sono impressi sul volto e sulla maglia di colui che può assimilarsi a riflesso o alter ego dell’autore, sebbene, al contempo, egli assurga a espressione universale dell’essere umano. Si potrebbe pensare che la finestra rimandi anche all’immagine di sbarre capaci di alludere alla dimensione di prigionia e di limite, in cui si vive, consapevoli o meno del fatto che la libertà non sempre è un dato di fatto, ma molto spesso un miraggio, un’illusione, un’utopia o, magari, una conquista, un anelito, una scelta estrema. In ogni caso questa è altre letture interpretative riconducono all’intensità comunicativa dell’opera sia dal punto di vista contenutistico, sia da quello formale. L’essenza vitale della tela si racchiude nell’incommensurabile custodito nell’apparente “semplicità” dell’immagine, la quale rende il silenzio voce eloquente dell’interiorità e traduce in movimento esistenziale quella che, in apparenza, si palesa come staticità e fissità della figura. In quegli occhi, apparentemente immobili, s’intravede il guizzo di una vita narrata all’istante, nella sua completezza e pregnanza, nella sua condizione di ricettacolo colmo di vissuti, stati d’animo, sentimenti. Ogni tratto somatico, ogni corrugamento, ogni piega, ogni moto inconsulto sono storia di un percorso d’anima, che fa dischiudere le labbra e contemplare…al di là…La speranza segreta è, forse, raggiungere chi e quel che si cerca da sempre… (Prof. Flavio Nimpo, docente di latino e greco).
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