Bex - pittore contemporaneo
nicola nasce a Venezia.
L’approccio con la pittura è casuale, spontaneo, a circa vent’anni decide di voler dipingere pur senza nessuna conoscenza tecnica.
Le prime opere sono schizzi, tentativi, chine, aquerelli di soggetti astratti, tetre architetture, grovigli di vernici di tipo diverso; inizia la sperimentazione, il desiderio di uscire dagli schemi, di creare qualcosa di originale ma è tutto un po’ confuso.
Comincia a farsi sentire il bisogno di un soggetto sul quale convogliare tutta l’energia pittorica, ecco quindi le prime tele, tutti nudi di donna.
La figura è stilizzata, a volte solo abbozzata con la matita, il volto è assente, la carnagione riflette il pallore della tela, la posa è lasciva, morbida. Queste figure ballano, nuotano, camminano in ambientazioni estremamente vivaci, a colori pieni, aree geometricamente definite, che riprendono le seducenti curve del soggetto. Compaiono quindi le tinte ad olio, superfici a tratti lucide, a tratti opache e la ricerca di una funzione più che altro decorativa dell’opera.
Contemporaneamente allo studio dei pigmenti e dei vari leganti, olio ma anche resine, acrilico, ecc., cresce la consapevolezza di poter dare al quadro una pluralità di linee narrative. Nuovi soggetti, per di più probabili paesaggi immaginari, vengono spatolati su rozze tele artigianali.
I quadri cominciano a sporgersi dal muro con gli spessori esagerati di un grezzo esoscheletro duro e mutilato da graffi, incisioni che determinano le linee guida della narrazione.
Contrapposizioni quindi di superfici logorate da ripetute cancellature o mutilate dall’inserimento di piccole pietre e che lasciano sempre trasparire traccia del lavoro sottostante. L’opera non è finita se non viene prima masticata a dovere.
Successivamente il colore, prima relegato sullo sfondo, poi cosparso su superfici discontinue (spesso dato con lo straccio), prende il sopravvento e va a costituire lui stesso la materia dell’opera. Ecco che strati di colore ad olio, direttamente spremuto dal tubetto e sagomato creano superfici plastiche tonde e frastagliate che disegnano scivoli su cui corre l’occhio, ma anche la mano.
Nell’ultima fase dell’artista si assiste alla distruzione di tutto il lavoro fatto finora. Le forme, le ombre, i bassorilievi, insomma, le sue creature, si ribellano, stanche di soffrire tentano di staccarsi dal loro supporto ma i loro sforzi sono vani.
Vengono subito acciuffate, imprigionate e fuse nel substrato con nuovi materiali in moda da diventare a loro volta la superficie da dipingere, da graffiare, da bruciare, da lavorare.
La creazione di un nuovo ordine, la ricerca di un equilibrio nel caos, nel disordine, nelle macerie.