Mario Bizzoccoli

Franco Bulfarini  o il mistero della totalità

Avvicinarmi a Franco, soprattutto quando la prossemica è di tipo critico, ha la doppia connotazione della facilità personale - dovuta alla sua naturale attenzione all'altro - e, per converso, la sosta obbligatoria ed assoluta che un' indagine artistica, naturalmente, impone. Non che vi siano aspetti di concettualità esagerata, anche se, volendo (ma in modo distorto) si potrebbero identificare dei percorsi iniziatici oggi troppo di moda. Franco non ci pone di fronte a delle iniziazioni esoteriche, o a delle analisi che ineriscono più la terapia che non l'espressività; nella sua opera complessiva il segno dell'evoluzione stilistica ed ideologica è molto evidente. È, insomma, percorso nel vero senso del termine, con i suoi milieu e le sue svolte ma, costantemente, con la sua presenza personale sempre manifesta. Franco si "firma" quasi costantemente nell'ombra o nei riflessi delle proprie opere (non li voglio chiamare "quadri" perché Bulfarini impiega una vera forma di contrappunto artistico che si avvicina parecchio a quello musicale, e polifonico, per di più), vuole assumersi direttamente la responsabilità di quanto espone. Ed ecco, innanzitutto, la presenza costante della donna, presa essenzialmente nella sua parte più diretta - il volto - giocata con un imprinting ritrattistico che, però, non la congela. Dalle sue prime espressioni in cui il volto femminile ha la classicità dei preraffaelliti o degli iperrealisti (non sono così distanti, poi), si arriva alla donna-simbolo (Nefertiti, Cleopatra sicuramente ma anche Lucrezia, Madame de Recamier...) mai svisata, ma integrata; la donna resta donna, centrale e primo mobile. La scelta che, tuttavia, sta sempre più dimostrandosi evolutiva, di riprendere essenzialmente lo spazio egiziano antico anche secondo i canoni della grande scenografia alla Edel del tardo '800, porta alla necessaria riappropriazione del segno, che è geroglifico (ma non di maniera, vista la sua evidente storicità) o meramente grafico in una sintesi enorme che riporta tanto alla monade di Leibniz quanto alla cosmologia di Kandinsky, o meglio, alle utopie filosofiche che partono dal Medioevo ed arrivano all'Enciclopedia. Operazione colta, dunque? Sì, ma anche autentico gusto per l'analisi, il confronto e la gioia della luce eterna, che non deveessere confusa con l'illuminazione esoterica ma con il piacere dell'espressione. Franco gioca con moduli sempre più variegati, eppure resta fedele a se stesso, alla sua interazione, che non teme di mostrarci regolarmente. Totalità, sempre ed io presente...poi, il resto è poesia.
Mario Bizzoccoli

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