Biografia

Per capire, interpretare, “collegarsi” con l’opera di David Urru, dobbiamo da subito accettare di trovarci di fronte a un uomo che ha grande consapevolezza del sé e ogni atto creativo, ogni elaborazione del pensiero attinge idee e materia all’interno delle riflessioni personali e non soltanto dalle sue emozioni e pulsioni. Uomo creativo, ma anche soggetto attivo nel confronto quotidiano con l’altro da sé. Interprete solitario e vivace d’ogni azione dell’uomo nell’agire sociale. Attraverso l’accettazione del non-Io, del contatto umano, del lavoro per impulsi creativi, nei quali si mimetizza, ha la capacità di aprire gli aspetti interiori più nascosti, ma anche più stimolanti e vivi . Ha raggiunto esiti estremamente interessanti, un risultato ottenuto con molto studio e costanza di ricerca, certo, ma che è anche frutto di una abilità a trasformare la propria poetica in un “messaggio” universale: una conquista, questa, non comune. Quella che l’artista “mostra” è certamente una pittura colta, che nasce da tutti gli studi intrapresi: soprattutto per certe note cromatiche e le atmosfere sospese in uno spazio temporale difficilmente circoscrivibili, per certe forme segniche leggere e immediatamente fruibili. Arte e meditazione, estro e razionalità, caratteristiche proprie della sua cultura umanistica. Il colore, appunto, attraverso una ricca scala di grigi, bianchi, verdi e azzurri, attira la nostra attenzione in percorsi che appartengono alla nostra sensibilità e alla nostra predisposizione al mistero. In esso possiamo ritrovarvi l’Urru primordiale dal punto di vista antropologico, ma soprattutto l’artista che sa guardare e vivere la natura con estremo rispetto e “devota” adesione. La natura umbra, soprattutto, una caratteristica questa che aiuta a comprendere proprio quel concetto di universalità a cui si accennava prima, e che raggiunge il risultato elaborativo ed espressivo finale anche grazie ad un processo di astrazione, come si evidenzia nella sintesi dei volumi che compongono le sue opere. In tutto questo, la figura umana appare come abbreviazione del pensiero, sottile confine delle idee. Eppure: più che “traccia”, vi è la presenza di un’assenza, una vibrazione fatta d’intuizione e percezione grafica, spazio e campitura a cui riportare la materia dell’essere oltre noi stessi. Forse il segreto della sua arte, allora, sta nell'essere una pittura che ci rimanda nei luoghi dell’esistenza primaria dell’uomo, quelli tutti interiori della dimensione sconosciuta, quella della memoria, che appartiene a tutti noi, in cui ricordi e sogni si mescolano per parlarci della nostra solitudine, della nostra vanità e superbia. In definitiva, David Urru offre un percorso artistico che affonda le radici in un lirismo cromatico, cosa che molta pittura contemporanea ha dimenticato. Il suo fluire nella tessitura del racconto pittorico apre squarci di raro fascino, ma allo stesso tempo riesce a far percepire l'interiorizzazione del colore quale espressione dell'Io pensante oltre il già visto e consueto. Nel suo percorso diacronico, la sua arte ha reso sempre più efficace l'incidenza “grafica” sino ad approdare in un ductus a macchia e in cui il cromatismo diventa più fluido e coinvolgente. Si ha l'impressione, persino, che voglia dipingere non soggetti, ma atmosfere, concetti. E qui la lezione ontoartistica meneghettiana è tutta presente. L’opera, dunque, si erge a simbolo e l'opera rappresenta visioni del sé, lasciando massima libertà d'agire nella campitura e riflettendo un sicuro temperamento espressivo, caldo, coinvolgente e meditativo. La “figurazione” è contrassegnata dalla cromaticità dei sentimenti, ma anche della dimensione fluida, leggera, aperta della natura. Per Urru, il quadro è il momento della traslazione estetica dell'interiorità, costruisce delle trame formali che si evidenziano per scioltezza, dosa sapientemente i timbri, i contrasti, le tonalità. C’è una ricerca sofferta di un’emozione antica, di una nostalgia sottile che suscita un riempimento dell’anima per un sogno che nelle tele si confonde con il reale e rivive nei suoi colori, assottigliando il confine tra ciò che è e ciò che vorremmo che fosse. Maggio 2014 Pino Bonanno "In un primo impatto con le opere di David Urru, esposte al Centro Commerciale Pesciarelli di Magione (PG) s'intuisce subito la sua ragione estetica, che ha origine nella cosiddetta pittura di azione americana degli anni cinquanta in cui convergono numerosissimi artisti con una grande varietà di modi e umori espressivi: pittura che per il nostro comune senso artistico appare particolarmente robusta, impetuosa e quasi brutale. Più vasti e massicci sono i movimenti che danno vita a queste pitture, più violenti e spesso stridenti sono i colori che hanno timbri del tutto insoliti rispetto a quelli europei e parigini in specie; più coraggiose, per la loro dimensione gigantesca, le tele e in genere le superfici ricoperte. Un'altra caratteristica distintiva di questa pittura è una certa “indifferenza” rispetto alla presenza o meno di elementi figurativi entro la tessitura astratta del dipinto. La pittura di azione americana nasce come estremizzazione del movimento espressionista centro europeo, del surrealismo e dell'astrattismo. Urru sembra aver intimamente assorbito queste lezioni, in particolare l'estetica di Pollock, dalla quale parte alla ricerca di un suo linguaggio espressivo. Infatti già i lavori di dimensione più piccola, si possono accomunare in un esperimento di una pittura decisamente gestuale che rompe gli schemi del quadro da cavalletto, del piacevole e lindo dipinto dai grati colori, dai teneri impasti, dalle “stitiche” stesure di “buoni” colori ad olio delle migliori marche.... Ulteriore esperimento alla Pollock lo si trova nei quadri di maggiore impegno dove usa il colore secondo la tecnica del dripping, ossia il lasciar sgocciolare il colore da un recipiente sospeso sopra la tela posta orizzontalmente. Urru però va oltre e sperimenta nei quadri di maggiore impegno nuovi materiali e nuove tecniche, anche sovrapposte, così da raggiungere una sorta di espressionismo astratto, in un caos organizzato che ci porta ai confini della materia dell' infinitamente grande come dell' infinitamente piccolo, intuizione intima di un'intelligenza vitale trascendente. Lo spazio cosmico sembra essere divenuto il suo approdo dove plasma e nebulose si muovono in un contesto cromatico vivace su toni felicemente accordati: qui è persino possibile individuare forme e significati lasciati alla sensibilità interpretativa dell' osservatore. Ciò non è comunque il suo punto di arrivo. Il vetro sintetico gli ha offerto una nuova possibilità di spaziare in opere dall'imprevedibile contenuto plastico e cromatico. Così ecco le trame policrome che avvolgono bottiglie di vero vetro dando all'insieme una valenza misteriosa sul contenuto; ecco incredibili fusioni di forme colorate affogate in magma trasparente; ecco possibili gioielli per una gioventù dirompente con la tradizione. E qui è lo stesso artista a sorprendersi dei suoi risultati" Arnaldo Ceccato, Docente di disegno, pittura, Storia dell'Arte presso l'univesità UNITRE di Castiglione del Lago