Critica

FRANCO GARUTI


Quando si sceglie, come modalità d’espressione pittorica, lo stile figurativo, occorrono:


1.Chiarezza di visione fisica e razionale.


2.Cultura umana profonda.


3.Cultura accademica cosciente.


4.Padronanza del segno.


5.Cromia sì personale, ma definita.


6.Sicurezza nella riproduzione formale.


7.Volontà artistica progressiva.


8.Coraggio


Sono otto autentici dettami che Franco Garuti dimostra di conoscere e vivere bene, nella sua opera.


            La sua produzione copre, praticamente, tutta la sua vita, non solo artistica: ha forti e sicuri fondamenti classici, ma è la sua visione comunicativa che ne fa un vero Maestro d’Arte e non solo per i titoli accademici che ha conseguito. Definirlo ritrattista è, come sempre in questi casi, limitativo; Franco delinea, veramente, soggetti in prevalenza femminili, in cui la scuola del nudo – che sia classica, rinascimentale o moderna è lampante, ma non ovvio – dimostra tutta la sua efficacia sperimentale ed evocativa.


             La tecnica preferita è l’olio, che da alla forma ed al colore un’anima ed un calore propri, mentre l’ispirazione, che ribadiamo classica, vuole sondare col gesto rappresentativo mondi e situazioni che, soprattutto il Novecento, il Secolo Breve, ha svelato, a volte offrendo chiavi interpretative apparentemente semplici o, per converso, decisamente complicate, causa certe tendenze autoreferenziali da sempre presenti negli artisti.


            Per quanto riguarda Franco Garuti, si deve ammettere una espressività abbastanza complessa. Le opere più antiche mostrano soggetti femminili compresi nell’esperienza surrealista, quindi l’insegnamento ideologico di Dalì, De Chirico, Savinio sono innegabili, ma non raffermanti. Franco li conosce, e, eventualmente, li ama pure, ma non si pone come un seppur abile epigono. La sua visione artistica del nudo femminile è senz’altro classica, nella complessità anatomica, esatta ed accattivante, ma sprigiona insieme una volontà espressiva-evocativa che lo porta nei diversi stati dell’introspezione artistica: sensualità, sentimento, inquietudine su, su fino al didascalico, all’esperimento che da gestuale si fa visivo. Ne nasce una totale celebrazione dell’eterno femminino, modello indispensabile per la creazione artistica, ma anche segno di contraddizione con un tempo che vuole la psicologizzazione del tutto, per, poi, appiattire ogni gesto o volontà comunicativa (e questi sono l’Arte) nel deja vu, nel consueto, nell’effimero. 


            Va da sé che, quando Franco affronta il soggetto maschile, scelga con una oculatezza quasi puntigliosa il nudo michelangiolesco o il dinamismo post-moderno. Sono opere che mostrano un aspetto diverso, meno affidate all’idea surrealista ma più alla classicità espressiva, per non dire concettuale.


            A questo punto, il passo verso l’impianto onirico è breve: la sua operatività si sposta ancora sul solco dechirichiano della ripresa classica “inquietante”. Ecco, dunque, la ripresa della scultura ritrattistica, effigiata nel quadro a sfondo scuro, marmorea ed immobile, materica e spirituale al tempo stesso, per consolidarsi nuovamente nel nudo femminile studiato con connotazioni che richiamano la forza espressiva di un Ingres e un Degas, localizzata in un contesto attuale, pieno e, in parte, simbolistico. L’arrivo al ritratto vero e proprio è un’autentica dichiarazione d’amore per il sogno, la serenità del bello, e qui bisogna dire, ovviamente centrato sul soggetto femminile creato con la tecnica del pastello.


            Ma Garuti affronta anche il paesaggio, prendendo come soggetto una Venezia iconica, espressa con la tenuità dell’acquerello, in cui dimostra una mano altrettanto sicura e una serenità di fondo indiscutibile.


            L’opera di Franco Garuti è didascalica, sicura, scevra da ideologismi e fortemente poetica; 


Carpi, li 17 gennaio 2021


Mario Bizzoccoli