Germano Fiorito - pittore contemporaneo

Germano Fiorito vende quadri online

Germano Fiorito

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Biografia
Curriculum

Su Germano Fiorito:

Nato a Canelli (AT) il 29 luglio 1926 vive a Genova Sestri Ponente.

Inizia a dipingere nei primi anni 70 ed è ancora attivo.

Già disegnatore tecnico, dopo aver iniziato con alcuni quadri figurativi si è avvicinato alla pittura informale confrontandosi con essa per molti anni. Questa passione, che lo ha accompagnato durante l'attività lavorativa di responsabile di officina, perdura tutt'oggi.

Ha fatto parte del Gruppo Pittori di Sestri ed è stato Presidente, negli anni “80, del Centro d’arte “Le Prigioni” che aveva sede in via Vigna nell’antico Palazzo Spinola, proprio nei locali che ospitavano le prigioni nell’immediato dopoguerra. Mostre Personali alla Galleria Il Vicolo, Centro Civico Buranello, Centro Culturale “Nicolò Barabino”, “il Brindale” Savona, centro culturale Pegliese, presso Satura, presso AFMA di Sestri P., partecipazione ad Arte Genova nel 2007, collettiva cisterne Palazzo Ducale, collettiva artisti per l’Avis alla galleria d’arte “il punto”(1989), rassegna d’arte non figurativa al Centro Civico di Cornigliano presentata da Germano Beringheli (1988), collettive con Federazione Unitaria CGIL CISL UIL al Palazzo della Commenda nel 1983, 1984, 1985, presente sulle rassegne sindacali della provincia genovese dal 1985 al 2000 e su “gli artisti liguri (De Ferrari editore), Mostra promotrice Belle Arti (1995-96). Donazione opere al Comitato Piazza Carlo Giuliani e altri eventi. Hanno scritto su di lui: Germano Beringheli, Felice Ballero, Guido Arati, Mauro Bocci, Miriam Cristaldi, Emilia Marasco, Gianni Daccomi, Giuseppe Marasco, Sergio Paglieri.

Germano Beringheli - per Il Lavoro “Forme e colori” 23 febbraio 1982 

Dalla natura, attraverso quel “motivo” che mosse gli impressionisti alla elaborazione di una pittura basata sull’impressione individuale difronte al soggetto, la ricerca di un rapporto più profondo e poeticamente persuasivo con il reale.  

Nei termini possibili allo svolgimento di questo tema è la mostra di Germano Fiorito, ospitata nelle belle e funzionali sale del sestrese Centro d’Arte “Le Prigioni”.

Per la quale mostra viene incontro all’emozione e alla sensibilità del visitatore una pittura che si espande intima dal quadro e suscita delicate e melanconiche, direi distruggenti, declinazioni sentimentali.

A cercare di questa pittura, le nervature originali e le ascendenze di modo e di cultura, si svelano, certo, rapporti di filiazione con le intensità allusive e segrete di quella pittura tonale, dalle giunture sensuose, che fa il visibile nella luce (si pensi a qualcuno fra Afro e Romiti) e con certe trafitture dell’attimo colto sull’emozione oltre la prima pelle del visibile (l’abbandono romantico di certo Birolli).

Che è poi come dire di una intuizione colore-luce perseguita sino allo stacco di una immagine di pittura di paesaggio in cui il paesaggio è metafora, rilevazione di un sensibile interiore, d’una latitudine e d’una densità emotiva. C’è insomma in Fiorito, nella sua pittura, una disposizione all’elegia ma anche la consapevolezza (e la conseguente coerenza) che il pittore immette nella pittura sempre e soltanto immagini di una realtà traslata dall’occhio attraverso le declinazioni della sensibilità, dell’emozione, della fantasia, della memoria, dell’esperienza.

Emilia Marasco-per L’Avvenire “Pittura e grafica” 28 gennaio 1982 

La disinvoltura pittorica di Germano fiorito è nella conquistata spazialità e l’originalità sortita da esperienze culturali di emozione e di empatia per l’informale, è tutta nell’equilibrio del suggerimento di figure, di forma di masse, rapportato ad una meditata e moderata frantumazione. L’idea prima che sorge sull’osservazione dei paesaggi adeguati in luminismo al processo di dissoluzione della forma è quella di una dignitosa e univoca lettura. La riprova viene dai pastelli più articolati in cromatismo, più ricchi in vivacità di segno, meno meditati, ma folgorati in luminosità. Fiorito è pittore autentico: sente e pensa il paesaggio; la trasformazione è apparente, mai arbitraria, condotta ed eseguita sulla luce, sul tenue e poi costante tratto segno colore, su un movimento dei fattori costitutivi del quadro. Il risultato è di intuizione di certi di certi bagliori, di certi altri baluginii, di improvvise sfumature di ombra di una verità naturale percepita dall’uomo anche con l’anima.

Felice Ballero - Fiorito tra gesto e segno -

Germano Fiorito si era proposto alcuni anni fa come un paesaggista di taglio tutto speciale: infatti i suoi ambienti, grintosi, agrodolci, pieni di spine, erano molto distanti da qualsiasi sospetto di tautologia. Pertanto sto per dire che è stato quasi naturale per Fiorito orientarsi su un tipo di scrittura astratta ed astraente che tuttavia ha l’aria di aver conservato, nella sua sostanza “biologica”, l’essenza della natura nei suoi grovigli e nella sua fertilità, tra lacerazioni e proiezioni. Come si evince dalla mostra personale ora in essere presso il Centro Culturale “Le Prigioni”, l’artista non intende infatti presentare un’occasione di allaccio ad un certo tipo di scrittura pittorica degli anni Sessanta, quanto indagare sulle origini del suo proprio operare e quindi penetrare nel vivo di quei paesaggi naturalistici, sezionarne gli anfratti, scoprire i segreti appunto biologici. In questo proposito, il gesto (incisivo come un colpo di stocco) sembra vincerla sul risultato, cioè sul segno, ed il proposito del fare con le sue invenzioni grafiche e pittoriche pone in evidenza i frammenti del reale giocati con aria di imprevedibilità (oppure all’insegna di un rigore prestabilito mentalmente?)

Luigi Tola - per l’Unità Febbraio 1982 mostra Galleria “Le prigioni”-

Quest’ultima pittura di Fiorito che spazia nell’arco pieno di un anno fino alle soglie di questo appena cominciato, si rivela, come già ci aspettavamo, trascorsa da vapori romantici e didascalici. Vapori romantici perché ogni tela, ogni componimento, ogni anche più piccolo quadro è come una riscoperta del Passato e della Memoria, una chiamata in correo, per così dire, della poesia e dell’appena accennato, del momento e del gesto magari imperioso e ripetitivo. Ed è anche insieme didascalico perché appunto ognuna delle settanta opere e operine costituisce una specie di saggio di come si recupera l’antico usato segno del vero e del reale, in una mimesi così puntigliosa da apparire persino noiosa e ossessiva, senza tuttavia mai essere tale. Ed è qui che si colgono al meglio i sapori e i climi dei larghi panorami oltre le case e le dimore dell’uomo, nel naturalismo appunto esasperato e puntuale d’un taccuino gonfio di antiche nostalgie, di segni, di gesti, di forme dipananti e tese. C’è vorrei dire una geografia della liguria interna alle cose e che sfugge soltanto le troppo futili apparenze, sospesa tra il mare e il segno, tra le colline scabre e una voglia di ritornare e di andare per una gioia e per una urgenza che talvolta la materia non riesce ancora del tutto a restituire.

Felice Ballero - per Il Mercantile “L’occhio sulle tele” 15 maggio 1984 

Fiorito ed il Centro “Le Prigioni”…Circa il fare in arte di Fiorito, il quale ora compare in una significativa manifestazione dedicata ad opere di pittura e di scultura realizzate dagli stessi artisti del “Centro”, c’è da ricordare che egli alcuni anni fa si era proposto come un paesaggista di taglio tutto speciale: infatti i suoi ambienti, grintosi, agrodolci, pieni di spine, erano fuori di ogni sospetto di tautologia.

Pertanto è stato quasi naturale per Fiorito orientarsi su un tipo di scrittura astratta ed astraente che tuttavia ha conservato, nella sua sostanza “biologica”, l’essenza della natura nei suoi grovigli e nelle sue fertilità, tra lacerazioni e intimi scatti.

Comunque l’Artista non intende presentare un’occasione di allaccio ad un certo tipo di impronta pittorica degli Anni Sessanta, bensì di indagare sulle origini del suo proprio operare e quindi penetrare nel vivo di quei paesaggi naturalistici, sezionarne gli anfratti, scoprire i segreti fermentativi. In questo proponimento, il gesto (incisivo come un colpo di stocco) sembra vincerla sul risultato, cioè sulla metafora del segno.

Germano Beringheli - per “Il Lavoro” Germano Fiorito e il suo “transito” 18 marzo 1984 -

Una dichiarazione poetica, nelle opere di Germano Fiorito esposte in personale alle “Prigioni” sestresi, la si trova scoperta nella conquista lenta e caparbia di un astrattismo “informale” trapassato da una lontana origine figurativa, eppoi dai moti naturalistici e riflessivi della scuola italiana post-cubista (Merlotti, Birolli, Vedova) a quelli più gestuali e internazionali della action painting (da Pollock a Kline).

Pittura perciò, assorta nella declinazione di un far pittura come un possibile rispondente alla natura espressiva del segno quale analogo dello stato d’animo emergente con la sua energia espressiva dall’interno. Dall’inconscio, e del colore (che è anche materia) quale luogo della testimonianza esistenziale agita con epifanica irruenza. Le immagini riferiscono così il momento del vissuto dell’artista come presente congruente all’esistenza quotidiana, agli avanzamenti e ai ritorni del transito, alle dilatazioni sensibili, agli umori.

Il risultato è eminentemente pittorico (anche se i contenuti comportamentali delle “taches” possono essere letti psicoanaliticamente, come emblematici) per cui, al di là dei problemi generali di poetica, seducono l’occhio accesi e fascinosi lampeggiamenti cromatici, intensi dialoghi formali.


Germano Fiorito - mostra Centro Civico Buranello “Il colore e il calore della materia” - 23 maggio 1998 - 

“E’ presente in questa mostra parte del mio lavoro degli ultimi due anni.

Lavoro come gioco, dove la materia svolge un ruolo primario. Lavoro come ricerca e scoperta dove fare e rifare è la regola del gioco, dove il progetto è in balia di qualsiasi sorpresa e il risultato va colto nell’attimo.

E’ quanto impone la presenza della materia usata, la più varia col suo dialogo col colore - ma essa stessa portatrice di colore - e a volte amorfa che soggiace e si plasma all’uso, a volte capace di imporsi con la sua durezza, ma anche con impensate meraviglie, che sono le recondite e irriproducibili impronte su cui l’insulto del tempo l’ha marchiata.

La materia con la sua ruvidezza, dove la luce si annida con le sue profondità e i suoi bagliori.

La materia con l’azzardo dello strappo e l’improvvisa lacerazione, segreti rifugi del colore che si incupisce in neri profondi e si esalta in bianchi commoventi.

La materia col suo calore che seduce il colore, lo rapisce dalla radiosa sublimazione per imprigionarlo nella sua corposità.

La materia, che il pittore manovra, sempre in bilico tra il finito e l’indefinito, miraggio stregato di un mondo già percorso da tante esplorazioni, ma sempre fervido di straordinarie avventure”.

Germano Beringheli - per “il Lavoro” 25 maggio 1998 -

“Più Poliakoff che Burri nelle “tele” cucite “il colore e il calore della materia” è il titolo della mostra di Germano Fiorito e la sua ricerca pittorica, propriamente ordinata per ampie tessere cromatiche, dice insieme la qualità di espressione e di costruzione nonché il compiacimento per le valenze delle figure e per il loro riaffiorare, attraverso la luce, nello spessore significante.

E’ un’avventura, quella di questo pittore, che pone in risalto l’irrequietezza di una struttura formale che risente tanto degli esiti del dinamismo costruttivo come quelli dell’informale. Le sedimentazioni “ordinate” con cui Fiorito si esprime sono di natura lirica e si offrono con forza e sicurezza intuitive”. Le sue “tele” di fatto, costituiscono un deposito di sensi, il luogo passionale e suggestivo di una introspezione che aggalla spessori psicologici e forti capacità di innervamento strutturale del formare.”

Sergio Bottaro - Giugno 1998 -

Con la lunga e straordinariamente feconda vicenda della cultura segnica, che scorre quasi ininterrotta da Wols a Fautrier a Dubufet, Schumacher (Emil), e che nutre ancora gli esiti alti dell’informale, Fiorito ci presenta la “sua” concretizzazione della “materia”, le cui forme, attraverso la durezza, la ruvidezza, “il suo calore che seduce il colore” con “impensate meraviglie, che sono le recondite e irriproducibili impronte cui l’insulto del tempo l’ha marchiata”. Sono i tratti del tempo che marchia e di cui non si conserva una precisa memoria, ma che pur alita ancora sull’oggi. Queste sono le prime riflessioni che affiorano vedendo le opere che dal 9 al 23 maggio, Germano Fiorito ha esposto al Centro Buranello di Sanpierdarena (GE).

Forme visive non rappresentative, collegate alla nozione di struttura come principio d’organizzazione: architetture polimateriche. Estrarre dalla banale consistenza della materia per essere mutate in un messaggio poetico di autentica forza espressiva.

L’attività artistica non è affatto un processo di astrazione, ma al contrario – come asseriva Max Bill – una concretizzazione, ovvero, lo sforzo di di “rappresentare idee astratte in forma sensibile e tangibile”. La pittura di Fiorito è tratta dalla profondità individuale più libera e autonoma sia nella forma che nel significato; nel linguaggio figurale che non spiega ma trascina e commuove.

Fiorito considera il suo “lavoro come gioco, dove la materia svolge un ruolo primario. Lavoro come ricerca e scoperta dove fare e rifare è la regola del gioco, dove il progetto è in balia di qualsiasi sorpresa e il risultato va colto nell’attimo.

Felice Ballero - Centro Culturale “Barabino” Marzo 1997 -

Una agguerrita mostra di arte non figurativa è stata proposta al Centro Culturale “Barabino” ospitando Germano Fiorito e Giuseppe Barbera, due artisti che continuano ad operare in un territorio di singolare autonomia espressiva, ricca di rustica ed insieme elegante impostazione caratteriale.

Di Fiorito ho visto con piacere gli esiti recenti della sua creatività articolata sulle geometrie polimateriche (le carte, i cartoni, le suture, il rude spessore originale dei tessuti poveri che ricordano le vele rattoppate dei brigantini corsari, il vinavil e chissà quante altre diavolerie chimiche e strutturali si nascondono in queste opere, pur non avendo alcunchè di frivolo ed esornativo, si propongono - come ho accennato più sopra – con un proprio elegante equilibrio tra il pensiero e la materia, tra la verità e la metafora, magari anche tra l’individuo e il mondo che lo circonda e lo imprigiona). In sostanza una mostra coraggiosa, con i suoi precisi contenuti e la sua naturale armonia.

Di più: con tutta evidenza un drammatico impegno esistenziale unisce ed accomuna i risultati dei due bravi operatori.

Oltreconfine Marzo 1997 Fiorito e Barbera al “Barabino”

Il pittore Germano Fiorito e lo scultore Giuseppe Barbera si sono suddivisi dall’’8 al 19 febbraio, la luminosa sala del Centro culturale Barabino. Fiorito sempre conservatore del suo ordine compositivo determinato per una meditazione razionale e per un impulso interiore misurato delle compiacenze coloristiche. Ogni tanto, di mostra in mostra, capita. S’incontra la straordinariamente feconda vicenda della cultura segnica, che scorre dalla notte dei tempi a Wols a Doubuffet, da Tàpies al primo Burri che nutriva e nutre gli esiti ancora alti dell’informale con lembi e teli ammuffiti, vecchi panni che affiorano nelle loro impensabili stratificazioni di tempi e di luoghi: proposte di una materialità in contrasto con la sobrietà di variazioni cromatiche che contrappongono la presenza dell’uomo sereno alla sua “origine” di drammatica lacerazione intellettuale. Nasce l’emozione della vita nel mistero del suo svolgersi per identificare nell’’arte odierna lo spirito umano che le corrisponde (Tommassoni 1971). Non tanto, dunque, le potenzialità conoscitive implicate in una ricerca che scavi attraverso l’automatismo del segno nelle ombre dell’inconscio, quanto la meraviglia, la malinconia, lo spavento che l’apparizione improvvisa di un concerto di valori tonali, non immediatamente referenziali, tratti da un passato di cui non si conserva una precisa memoria ma che, nonostante tutto, alita ancora sull’oggi. E’ quanto costruiscono queste espressioni figurative nella pittura di Fiorito e fanno rinascere nell’animo dell’artista influenze esteriori che lo rendono libero.

Germano Fiorito e Giuseppe Barbera hanno operato per molti anni nel Centro d’Arte “Le Prigioni”, laboratorio intellettuale sestrese delle arti figurative, che raccoglieva alcune decine di pittori, scultori, ceramisti, di tutte le tendenze. Oggi questo sodalizio messo alle corde dalla rivalutazione dei fitti praticata dal Comune è stato costretto ad abbandonare lo storico locale al 45 di via R.A.Vigna. L’attenzione alla cultura oggi in massima parte, si perpetra in manifestazioni tradizionali che persa la loro spontaneità popolare diventano ogni volta sempre più pacchiane e trasudanti quella promozione commerciale che, se è sempre meglio di niente, ha ben poco a che fare con le radici della cultura popolare e tanto meno con l’arte.

Miriam Cristaldi - La pittura “ritmica” di Germano Fiorito 13 novembre 2001 Marzo 1997 sul “Settimanale” di Genova -

Musicalità di toni, armonia compositiva, misura nella sequenzialità dei ritmi, ma anche solidità plastica delle forme sono le cifre stilistiche che connotano il lavoro di Germano Fiorito. E’, la sua, una pittura basata essenzialmente sulla forza istintuale del gesto, sciolto e liberato nello spazio per visualizzare paesaggi mentali interiorizzati, percepibili alla visione come eccitate forme energetiche strutturate in ritmi controllatissimi. In sintonia con espressioni europee dell’Informale segnico (Vedova, Moreni, Kline…) ed americane dell’Espressionismo astratto (Brook, Motherwell…), ma assolutamente autonoma nelle soluzioni formali adottate. La pittura acrilica di Fiorito - autodidatta, attivo da decenni – è composta di pigmenti cromatici misti a particolari polveri e materiali che generano delicati effetti di corposità materica.

Nascono così, sulla tela, profonde cavità spaziali ritmicamente alternate a sussultori piani estroflessi che danno origine a vivaci affondi e fluttuanti oggetti capaci di condurre l’occhio ad esplorare zone sconosciute, sentieri della mente, misteriose vie.

Nasce in quest’ottica l’idea di una lenta ma inesorabile conquista, da parte del segno, della superficie pittorica come impegno e volontà di manifestare l’inesprimibile, di oltrepassare la barriera della visione per entrare nel “respiro” dell’opera. Un respiro, questo, simile al soffio dello spirito, al suono interiore delle cose per mezzo del quale si tende a rendere visibile ciò che visibile non è. Toni sovente oscillanti tra ocre, combustioni, sanguigni e neri-asfalto raggiungono talvolta forti eccitazioni a causa di tracce fiammeggianti, sottolineate da scie bituminose volutamente in contrasto con la luminosità dei bianchi abbacinati. La sensibilità fisica del gesto tende allora a provocare slittamenti di pensiero, riflessioni sul gioco dei valori, simultaneità di azione e di pensiero, sottile dialogo tra conscio e inconscio, tra razionale e irrazionale attingendo sia nel territorio dell’immanenza come in quello dell’astrazione.

 Altre :

“Nello scrivere questa breve presentazione del lavoro di Germano Fiorito di cui ho condiviso la frequentazione e l’amicizia di lungo tempo, penso che il modo migliore sia elencare alcuni brani più pertinenti scritti in occasione delle numerose mostre effettuate, non senza significare, prima, il suo pensare alla pittura quale atto spontaneo di esternazione dei sedimenti del vissuto, atto inconscio e liberatorio e atto inconsapevole e quindi libero e alieno di giudizio di cui, come autori, ci tocca la responsabilità.

Faccio seguire alcune note critiche sui lavori di Fiorito…

…Musicalità di toni, armonia compositiva misura della sequenzialità dei ritmi, ma anche solidità plastica delle forme sono le cifre stilistiche che connotano il lavoro di Germano Fiorito. E’, la sua, una pittura basata sul gesto sciolto e liberato nello spazio dell’opera per visualizzare paesaggi mentali interiorizzati, percepiti alla visione come eccitate forme energetiche strutturate in ritmi controllatissimi…Nasce in quest’ottica l’idea di una lenta ma inesorabile conquista del segno, della superficie pittorica come impegno e volontà di manifestare l’inesprimibile, di oltrepassare la barriera della visione per entrare nel “respiro” dell’opera.

…Forme visive non rappresentative, collegate alla nozione di struttura come principio d’organizzazione: architetture polimateriche. La pittura di Fiorito è tratta dalla profondità individuale più libera e autonoma sia nella forma che nel significato; nel linguaggio figurale che non spiega ma trascina e commuove…”.


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