Germano Beringheli

Germano Beringheli - per Il Lavoro “Forme e colori” 23 febbraio 1982

Dalla natura, attraverso quel “motivo” che mosse gli impressionisti alla elaborazione di una pittura basata sull’impressione individuale difronte al soggetto, la ricerca di un rapporto più profondo e poeticamente persuasivo con il reale.

Nei termini possibili allo svolgimento di questo tema è la mostra di Germano Fiorito, ospitata nelle belle e funzionali sale del sestrese Centro d’Arte “Le Prigioni”.

Per la quale mostra viene incontro all’emozione e alla sensibilità del visitatore una pittura che si espande intima dal quadro e suscita delicate e melanconiche, direi distruggenti, declinazioni sentimentali.

A cercare di questa pittura, le nervature originali e le ascendenze di modo e di cultura, si svelano, certo, rapporti di filiazione con le intensità allusive e segrete di quella pittura tonale, dalle giunture sensuose, che fa il visibile nella luce (si pensi a qualcuno fra Afro e Romiti) e con certe trafitture dell’attimo colto sull’emozione oltre la prima pelle del visibile (l’abbandono romantico di certo Birolli).

Che è poi come dire di una intuizione colore-luce perseguita sino allo stacco di una immagine di pittura di paesaggio in cui il paesaggio è metafora, rilevazione di un sensibile interiore, d’una latitudine e d’una densità emotiva. C’è insomma in Fiorito, nella sua pittura, una disposizione all’elegia ma anche la consapevolezza (e la conseguente coerenza) che il pittore immette nella pittura sempre e soltanto immagini di una realtà traslata dall’occhio attraverso le declinazioni della sensibilità, dell’emozione, della fantasia, della memoria, dell’esperienza.