albertto giubilo
Nell'isola di Kaveri, nel Deccan, sorge un tempio, lungo centocinquanta metri e largo quarantaquattro, con mille colonne con mille statue policrome di cavalli. E' il maggior segno d'amore che l'uomo abbia mai esternato al cavallo, questo essere nel quale l'uomo di lontani tempi, armato solo della sua amigdale, avvertì subito un afflato divino.E' un tempio che, a guardarlo ancora oggi, lascia col fiato sospeso. I cavalli dai tanti colori sono immobili, come stalagmiti frutto dell'acqua che erode la roccia. Sono simboli statici. I cavalli di Gianni Testa, dal primo che vidi in mezzo agli altri, vanno invece al di là del movimento, per librarsi eterei e possenti insieme in una sorta di vortice che ti riporta, ponendo l'occhio nei cerchi concentrici nei quali insistono, a danteschi gironi di doloranti membra. Sono, quelli di Gianni, i cavalli di un lontano ieri che tornano nei suoi quadri, dai colori che partendo dai corruschi toni della terra sabbiosa d'Arabia, su cui i cavalli nacquero, ti accompagnano, in un magico trascolorare all'azzurro, nell'etereo spazio delle creature immortali. E, pur galoppando, in volute, in abbaglianti giochi e movimenti di criniere nel vento, ti appaiono insieme leggeri e forti, come i cavalli sono e sempre saranno. Più che l'occhio è lo spirito che ti prendono, in un coinvolgimento insieme di sensi e poetica estasi. Proprio e forse per quell'impulso che l'artista, attraverso un pennello tanto tecnicamente perfetto quanto imbevuto d'amore, trasferisce magicamente dalla sua mente e dai suoi stimoli in quei suoi cavalli ardenti e così suoi, da non poterli confondere con altri di qualunque altra mano: così che, a guardarli, resti preso nel gioco magico delle luci e delle ombre di incollature, code, criniere, pettorali e ventri, e occhi dilatati che ci riportano ai cavalli fatati di Maometto, alle sue fattrici già salite nel paradiso del Profeta. Tra le quali, un giorno lontano, Gianni Testa si ritroverà, ispirato dal suo amore per i cavalli, per ritrarre non solo i corpi, pur così rapinosi, dei cavalli in galoppo sfrenato, ma anche e più ancora quel tanto di spirituale, di religioso, e di altro che il cavallo ha in sé: e che solo pochi eletti, come Gianni, avvertono e sanno regalare al mondo.