Raffaele Nigro

A tenere uniti i cicli della pittura di Gianni Testa c'è quello dei cavalli. I cavalli sono dappertutto, rendendo possente ed epica la sua pittura facendo sì che la visionarietà dei suoi colori,l'inquietudine esistenziale che lo avvicina a Carena, Savinio e De Chirico non sia statica o estatica, di attesa, di contemplazione, ma sia furente, appassionata, agitata da forze saettanti.
Quasi una deflagrazione atomica. Il galoppo di cento eserciti, l'esplosione di un vulcano, un terremoto o il diluvio universale. In una parola un'apocalisse perpetua o quello che Giordano Bruno definisce per l'individuo l'eroico furore...
È una pittura che non concede nulla all'analisi, che tende a celare, a fare immaginare ma non a definire. Un espressionismo furioso e possente.