Prof.ssa Giovanna Caggia - Roma

Nature morte, paesaggi naturali, marine, figure e, soprattutto, paesaggi urbani sono i soggetti rappresentati nei quadri di Giuseppe Ferrara. Scorci della città di Taranto e dei paesi dell’entroterra tarantino, ma anche città come Matera e Roma, si stagliano sulla tela in una sorta di momento sospeso, di tempo senza tempo in cui presente e passato si fondono in un’unica trama e lasciano intravedere la fisionomia più autentica e più profonda dei luoghi. C’è un qualcosa di sacro e di arcaico in queste rappresentazioni in cui l’uomo è quasi del tutto assente, il passato e la sua memoria sono evocati attraverso simboli propri del linguaggio artistico ( capitelli, colonne, statue), i colori intensi e spesso a contrasto creano uno spessore, una profondità di campo che rimanda alle origini della vita e dell’arte. La presenza umana è ridottissima. Quando compare assume anch’essa una veste sacrale sia quando l’uomo viene rappresentato nell’esercizio del suo mestiere che compie con una gestualità ieratica e quasi sacerdotale, sia quando si confonde tra la folla che assiste ad un atto liturgico vero e proprio con una intensità e una drammaticità tali da generare quasi un senso di primordiale sgomento. Pennellate ampie riempiono la tela e a volte la travalicano, creando un effetto di intersezione tra quadro e cornice quasi a significare che anche lo spazio, come il tempo, non è definibile con categorie razionali.

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