Biografia
Curriculum Vitae
Livio Billo, nato a Legnago (VR) nel 1952, vive attualmente nei pressi di Padova. Laureato in Lettere Moderne e perfezionato in Storia dell’Arte, per tale disciplina è stato titolare di cattedra negli istituti secondari e docente a contratto presso l’Ateneo padovano dal 2002 al 2014. Autore di pubblicazioni scientifiche e contributi didattici su arte contemporanea e moda, fra cui si segnalano Figure della Transavanguardia, Carte Segrete, Roma 1989 (prefato da A. Bonito Oliva) e Figurini, Cleup, Padova 2003 (prefato da G. Dorfles, ha collaborato di recente con la fondazione londinese “The Sir Denis Mahon” per la realizzazione e/o la recensione di mostre su fenomeni artistici contemporanei, quali "Techno-Medioevo. Age of Future Reloaded" (Londra 2018); "Visions and Visionaries. Visions and Imaginings in Blake, Burne-Jones, Allen Ginsberg, John Latham and other masters" (Londra 2019); "Visionaries and the Art of Performance" (Spoleto 2019).
Coltiva fin da giovane l’interesse per poesia e pittura, pratica quest’ultima nella quale si è formato sostanzialmente da autodidatta, con esiti inizialmente eclettici. Già segnalatosi, tra la fine degli anni '60 e i primi '70 per vari riconoscimenti e premi-acquisto in numerosi concorsi nazionali, il suo esordio artistico risale al biennio 1977-78 quando, in area romana, è invitato dapprima ad esporre in collettive di prestigio, assieme a maestri di chiara fama quali Borgonzoni, Fantuzzi, Gentilini e Purificato; quindi, a tenere la sua prima personale presso la Galleria Altair di Frascati che ne acquisisce alcune opere, accanto a quelle già presenti in permanenza di Attardi, Baj, Calabria, Corneille, Fiume, Guttuso, Maccari, Vacchi, Vespignani ed altri protagonisti della scena artistica di quegli anni. Intanto, s'interessano di lui letterati e critici: da Carlo Marcantonio a Maurizio Montarso, da Benito Corradini a Vito Riviello, a Renzo Margonari, grazie al quale tiene – sempre nel '78 – la sua seconda personale, presso la Galleria L'Incontro, ad Ostiglia (MN). I lavori di questo periodo si caratterizzano, da un lato, per l'impiego di riporti fotografici ritagliati, ricolorati e disposti in azione dentro "cassette-teatrino" uniformemente nere, che simulano uno schermo televisivo; dall'altro, per "carte sensibili" (stampe fotografiche "depurate" dai grigi), sulle quali l'artista interviene manualmente con procedimenti affini, per certi versi, a quelli della Mec-Art. Nell'uno e nell'altro caso, comunque, con la finalità di documentare criticamente la cronaca di sangue degli efferati "anni di piombo".
Con il maturare dell’esperienza, il suo linguaggio vira verso soluzioni pittoriche consonanti – a detta di taluni critici (A. Mozzambani, G. Segato, S. Salvagnini, A. Sandonà) – con quelle dell’espressionismo “storico” (nelle tematiche) e “astratto-informale” (nel ductus). Ad esempio, la predilezione per la stesura "a corpo" del colore, per gli impasti "materici" e l'andamento segnico-gestuale della pennellata, portata quasi sempre a "sconfinare" dall'iconicità alla non figurazione. L’artista, pur riconoscendo tali consonanze come le più rispondenti allo sviluppo di quelle sue peculiari tematiche (uomo/natura, uomo/storia/società) che la condizione postmoderna ha drammaticamente problematizzato, si è mantenuto costantemente aperto ad una pluralità di altre sperimentazioni tecniche e contaminazioni stilistiche. Questa propensione liberamente transitiva e “nomadica” lo apparenta, per altro, a molti artisti della sua stessa generazione, “trans-avanguardisti” in testa, sebbene egli non ne condivida l’atteggiamento sostanzialmente disimpegnato e individualista. Motivo per cui, dopo le mostre a tema del decennio ’80: "Confronti con il quotidiano" e "I sensi della memoria", ha fatto seguire una lunga fase d'inattività, dettata da un radicale ripensamento autocritico che ne ha infine rafforzato il convincimento da sempre sotteso al suo fare artistico: la c.d. “pittura da cavalletto”, per quanto ostracizzata e marginalizzata dal sistema artistico attuale, non è affatto “lingua morta”, ma anzi sempre viva e parlante, se capace di dare voce alle aspirazioni interiori dell'uomo, ai suoi slanci ideali e alla sua innata tensione spirituale. Una tensione che sembra trovare infine alimento e traguardo in seno alla Natura, nella consapevolezza – già di Kandinsky – che solo il "radicamento terrestre" può proiettare l'uomo verso la trascendenza spirituale della "comunanza cosmica". La sola meta dove la nostra anima spera di trovare il conforto dalla disperazione e la redenzione dal materialismo in cui la nostra civiltà, ipertecnologica e desacralizzata, l'ha gettata.
Non va, infatti, dato per scontato che le dinamiche della civilizzazione e le forme del progresso siano, sempre e comunque, favorevoli allo sviluppo delle aspirazioni interiori e al coronamento dei più alti ideali umani. Anzi, ne provocano più spesso la frustrazione e la svalutazione, specie in ordine all'idealità per eccellenza, ovvero quella della libertà individuale. Tanto che Freud ha potuto sostenere - ne Il disagio della civiltà, 1929 - che essa "non è un beneficio della cultura [...] e ha subìto restrizioni con l'evolversi della civiltà"; mentre, per l'esistenzialista Heidegger, essa è stata assoggettata alla "strumentalità tecnica", nell'ingannevole convinzione che avanzamento e predominio tecnologico potessero "rendere agevole a tutti e in genere felice la situazione umana" (Cfr. Perché i poeti?, 1946 e La questione della tecnica, 1953). Situazione che non solo non è affatto migliorata, ma anzi notevolmente peggiorata, se si considera il catastrofico stato presente delle cose: violenza, guerre e povertà dilaganti; dissesto ambientale e mutamenti climatici inarrestabili. E' da questa consapevolezza che muove una seconda linea tematica, di critica e denuncia storico-sociale, per altro riscontrabile - come s'è visto - nella produzione dell'artista fin dai suoi lontani esordi; ma che ha preso maggior vigore con la "ripartenza" avvenuta nel secondo decennio di questo secolo.
Tra i principali riconoscimenti alla sua opera, si segnalano le recenti acquisizioni del MUDI di Rodello d’Alba (2017) e del MOA di Eboli (2019); è risultato inoltre “Vincitore Assoluto” della 21ͣ e 23ͣ edizione del “Premio L. Tito” (Dolo, 2017, 2019) e della 2ͣ edizione del premio “We are the world” (Napoli, 2019).
Recapiti autore
Livio Billo, via A. Diaz 24 -35020 Albignasego (PD); tel. 0498629233; cell. 3299875708; e-mail: [email protected]
Website
https://gheghi.wixsite.com/alpenadria/copia-di-cecchini-15websitehttps://gheghi.wixsite.com/alpenadria/copia-di-cecchini-15
http://www.smnweb.com/artistin/coming_soon.asp?n=Livio&c=Billo&l=EN&dp=si
https://www.mywhere.it/50277/livio-billo-restituzioni-urbane-e-di-natura.html