G. C. Capritti

La natura intima dell’uomo si è svelata nel Chinnici fin dagli anni più giovani. Tutti coloro che si sono fatti un nome nell’arte l’han coltivata contro la volontà dei parenti, così scrisse il Voltaire. L’indirizzo culturale del nostro giovane pittore negli anni ancor più giovani fu indubbiamente un errore. Del resto la vita degli artisti è una ressa di eventi tra i più impensati, i più strani che intralciano ma non riescono a stroncare il prepotere d’una inclinazione. Quanti poeti, pittori e scultori furono avviati in aridi corsi di studi giuridici e matematici; ma tali artisti, affatto rassegnati sono evasi egualmente dalle banalità di una vita quotidiana. Costantemente immersi nelle soavi spirali della loro poesia. Forse il nostro Lorenzo ha sempre tenuto presente il motto del poeta: “AMA IL TUO SOGNO SE PUR TI TORMENTA”. Ed è così che da un binario morto si è immesso tra le rotaie della vita con la prestigiosa virtuosità che scaturisce non da improvvisazioni facileni e superficiali sebbene da meditazioni introspettive, dalla reale visione della vita. Il grande PETRONIO così sentenziò a proposito del nostro discorso: “CHI DI UN’ARTE SEVERA AMBISCE I FRUTTI E TENDE CON LA MENTE A GRANDI COSE PRIA SQUADRI A LINEE SOBRIE LA SUA VITA!“ Prima di produrre è necessario, soprattutto nel campo dell’arte curare uno sguardo nel proprio “io” onde trarre l’alimento per esprimere con forza il mondo che ci circonda, contemplate secondo la propria visione, triste e lieta che sia. Chissà quante volte il nostro pittore, in preda al tumulto delle proprie virtù artistiche, nelle ere più impensate, si è accanito per un ritocco, per una precisazione, per meglio formare un’espressione, per tracciare i lineamenti di un volto, per meglio far trasparire sulle tele, un animo, mediante la configurazione d’un viso o d’un atteggiamento particolare del corpo. Una lieta giornata gli può infondere l’attitudine per una facile produzione. Allora l’idea sembra, direbbe Maupassant, scendere nelle mani e fissarsi da sé sulla tela. Forse a somiglianza del pittore Oliver, con le porte chiuse, separato dal mondo, nella tranquillità d’un’abitazione chiusa, nel paesino montano dove insegna, nella pace del suo studio, l’occhio chiaro e lo spirito lucido, sovreccitato, attivo, egli prova la felicità concessa agli artisti di produrre la loro opera nella gioia. Sono momenti in cui non esiste più nulla per un artista in quelle ore di lavoro, se non il pezzo di tela sul quale nasce un immagine sotto la carenza del pennello e nelle crisi di fecondità egli deve provare una sensazione strana e bella di ricchezza di vita che si esalta e si diffonde. In temi in cui l’arte, nonostante sparute eccezioni, in ogni campo segna il passo per uno smarrimento degli spiriti, il nostro pittore, percorrendo una via a ritroso, ha inteso ed intende concretizzare coi sui quadri, una nota luminosa, pretendendo un indice verso quelle dovizie morali e spirituali che nei secoli hanno confortato l’uomo, strappandolo ad uno stato abulico, a quel esistenziale ascetismo che in atto par voglia imperare anche nelle forme d’un arte decadente. Ritrarre la natura senza divincolamenti isterici di linee e di forme spinti da un’alacre passione, vuol dire, a nostro giudizio, ricreare ed educare gli spiriti. Lorenzo Chinnici vuol essere un fervida luce orientativa verso i valori della vita, del pensiero, dello spirito, di quel mondo insomma così com’è- a differenza di quei giovani che vanno alla ricerca disperata d’un qualcosa di nuovo, dimenticando il vecchio monito di Orazio che c’insegna come nulla di nuovo esiste sotto il sole. NIHIL NOVI SUB SOLE. I quadri del nostro pittore tendono ad affermare che è nella stessa natura, permeata e soffusa del nostro mondo interiore che vi si riflette come una luce divina e misteriosa, è proprio in tale universo che si rintraccia un affiliato di vita e di gioia di grande Arte, della vera Arte…