Mario Truscello
Lorenzo Chinnici
La storia artistica di Lorenzo Chinnici inizia nel 1965, quando un critico d’arte di assoluto valore nell’estemporanea di centinaia di concorrenti gli attribuisce un premio, ammirato, certo, della maturità espressiva di un pensoso paesaggio siciliano che l’esordiente con segno deciso attraversava come in un profondo dialogo. Questo critico era Salvatore Pugliatti, cui non poco deve la cultura non solo della nostra città. Da allora, Chinnici non è cambiato se non nella perfezione del segno e del senso, e senza venir meno alla verità d’arte ha continuato le diverse tappe del suo lavoro e delle mostre che puntualmente avvengono anno dopo anno, in cui si intravedono le costanti di un’espressione artistica che sono l’essenzialità e la memoria testimonianza di un mondo che affonda fra le cose, come una terra promessa carica di concretezze e di segreti sensi che solo la sua pittura sa possedere. Straordinariamente, questo suo guardare ed essere partecipe dell’onda del tempo lo allontana dai convenzionalismi di tanta arte contemporanea, dal naturalismo fisico e contenutismo sociale per un respiro di cordialità umana della figurazione, schermo alla vita dura e del lavoro dei poveri diavoli, delle malinconie e degli incanti del vivere nella quotidiana commedia umana. La fisicità e l’accuratezza descrittiva sono, talora, un’ulteriore penetrazione a scandagliare l’umano, il vissuto, il sentimento, in sintonia coi toni cromatici, che, come alfabeto esterno ed interno, luce e spazio della realtà, rendono la felicità, il dolore, l’angoscia, la tristezza, la speranza della coscienza del mondo.
Un artista, dunque, Chinnici, che ha una cifra stilistica sua, inconfondibile, originale per le traduzioni sulla tela che sa trovare, tanto che nessun critico, col ridicolo di sentirsi banale e di sbagliare, se l’è sentita di dare referenti appiccicati.
Certo, il gusto di quest’artista è rivolto al realismo mediterraneo dei grandi siciliani, Guttuso per primo, ma l’ordito complessivo della pittura chinniciana richiama suggestioni di tutta la pittura novecentesca, una cultura che in Chinnici viene oltre che dal vissuto e dalla verità che è dentro in ciascuno di noi, dalle fantasticherie della sua raffinata sensibilità, dalle sue creature sospese tra epos e mytos nella cornice incantata di immagini contemplate. Vengono così i paesaggi, i ritratti, le scaglie di esistenza, come quelle di contadini, pescatori, amiche; variazioni dell’effuso mondo dell’uomo del nostro tempo, di ogni tempo. Il reale, in tal modo, tra creatività ed emozionalità, si ricompone nella pittura di Chinnici, che scavalca le stagioni, le mode e le date e riesce a rendere identiche le ragioni dell’occhio e del cuore con un magnetismo evocativo, che il sentimento concede ai valori espressivi degli autentici artisti.