Nino Ferraù

Nella figura c’è quasi sempre qualcosa di sofferto, di triste e di malinconico; c’è un clima di dramma e talvolta anche di tragedia che comunica al cuore sensazioni di pena raccolta in angoli di solitudine, proprio come quella di certi pescatori e di certe maternità senza sorriso. Forse in quelle figure, strappate dall’autore alla realtà, ci sono ricordi e le visioni di un’infanzia tormentata e di un’adolescenza insicura, già testimone ed erede, di tante rovine di guerra. Sono figure senza retorica che si offrono, oltre che come immagini, come messaggio, qualche volta anche come rimprovero o ammonimento affinché ogni dopo guerra non rischi di diventare un anteguerra, come purtroppo avviene molto spesso. I temi più ricorrenti, sono la sofferenza e il lavoro. Accanto al quadro raffigurante il pescatore che rammenda le reti, c’è quello che raffigura un uomo di mare che… non fa niente. Ma chi può dire che guardare il mare e pensare sia ozio? Quel pescatore lascia indovinare il travaglio dei suoi pensieri e delle sue ansie, anche se ci volta le spalle; egli contempla le onde e le nuvole, interroga l’orizzonte e vede che non è molto sereno. Così Lorenzo Chinnici, attraverso i suoi personaggi, si palesa come un artista che riesce a dare un colore anche ai pensieri degli stessi: e sono, molto spesso, pensieri grigi che muoiono soffocati dalla noia, dall’apatia o dalla rassegnazione: quella rassegnazione che non piace a Guttuso e che nei suoi personaggi diventa più volentieri ribellione.