Biografia
Quello che davvero conta nella vita è l'essenziale, è necessario togliere per vedere "dentro". Per me dipingere è rendere visibile un pensiero, una sensazione, un ricordo, eliminando tutti gli orpelli, usando la minore quantità possibile di elementi. Ciò che resta è il "messaggio", il linguaggio ne è conseguenza e può rendere il contenuto interessante ma non è il fine.
Lo scopo della mia arte è stimolare la spiritualità dell’osservatore trasmettendo emozioni positive, gioia, serenità. Un po’ come se le emozioni fossero elettroni che gravitano attorno al nucleo della spiritualità. La sola arte che mi interessa è quella che si eleva dall’inquietudine per arrivare alla serenità
La mia personalità ed il mio modo di essere è riversata in gran parte di quello che dipingo. Sono emotivamente legato al mio lavoro in maniera incredibile, trattandolo quasi come se fosse un essere vivente. Il mio stato d'animo definisce i colori che scelgo per un'opera o nel modo in cui uso i pennelli e le spatole ed influenza certamente la direzione che prenderà il lavoro. Tutto questo lo rende particolare.
Disegno, dipingo, io preferisco dire che scarabocchio, per me stesso fin dai 13-14 anni per la necessità di tentare di raccontare quello che è, per me, inesprimibile con le parole. Quello che vorrei fare disegnando è provare a creare un mio “universo” parallelo popolato dalle mie emozioni e pensieri. Le immagini vogliono rivitalizzare e rendere attuali i canoni estetici ed artistici classici, cercando di trovare molti riferimenti all'arte del passato: passo molto tempo ad analizzare alcune delle opere di artisti come Durer, Rembrandt, Goya o Ribera, in modo da poter assorbirne i passaggi di colore e del chiaroscuro che poi cerco di portare nei miei dipinti. Tendo a creare disegni complessi e, al tempo stesso, semplici per raffigurare i cicli della natura che consumano e vivono nella parte superiore di volti di donna di cui non si vedono quasi mai gli occhi.
Dai paesaggi montani, dalla osservazione e dallo studio della natura ho raccolto le mie immagini di partenza che poi si avvolgono di un lieve pulviscolo, di una leggerissima nebbia, che dissolve il colore ed i particolari in un insieme che prende vita in una sensazione di mancanza oppure di “presenza”. La ricerca dei dettagli del “soggetto” è il momento stesso in cui si discioglie e si trasforma in qualcosa di altro: i volti non sono reali, concreti, ma vogliono comunque essere “veri” esprimendosi nella loro speranza o disperazione che si copre di farfalle, di uccelli, di fiori.
In questi lavori la natura tende a sopravanzare la figura umana, la ricopre quasi, ma questo non vuole essere drammatico, tutto tende ad essere naturale. Sono le piante, le farfalle, gli uccelli a creare l'oblio o sono gli occhi dei soggetti che diventano “buchi neri” o luci abbaglianti per esprimere la “bellezza”? Quello che qui cerco di raccontare è l'estasi del contatto, che “brucia” gli occhi, e questi restano volutamente nascosti per non distrarre. Se ci fossero gli occhi chi lo osserva penserebbe ad un ritratto e non ad un particolare genere di “natura morta”, che è poi esattamente quello che cerco di rappresentare. Il tentativo è di creare una ciclicità continua tra uomo-pianta-animale nel quale nessuno prevarichi l'altro. Se elimino gli occhi, nel buio o nella luce totale, non è più una donna ma LA DONNA, che è qualcosa di completamente diverso. La mancanza degli occhi rappresenta sia l'estasi che l'agonia: l'estasi per la sensazione dell'esatto momento in cui i tre elementi (flora, fauna ed essere umano) si incontrano e diventano un'unica cosa, l'agonia per la sensazione che tutto questo sia incompressibile ed irraggiungibile. Le figure umane vogliono richiamare degli archetipi, suggestioni nate dal folklore italiano come le Aguane della tradizione ladina oppure Janas e Cogas (streghe della tradizione sarda) che, nelle antiche credenze seducono, incantano maledicono e guariscono. Questo vuol essere un omaggio all'arte segreta delle guaritrici usando metafore che evocano la loro storia in un tempo, precedente al Malleus Maleficarum, in cui una cultura matriarcale e l'uso di cure “naturali” davano vita a donne mistiche, sia cristiane che non, spazzate poi via dalla repressione della Controriforma.
Oggi gli artisti cercano di sviluppare i propri stimoli visivi, ed Internet in particolare ha una grande influenza. Secondo me questo crea un problema di identità nell'artista, una perdita delle proprie radici; mi capita spesso di vedere molti giovani artisti che cercano di pensare ad icone che non fanno parte della loro cultura.
Quello che faccio è semplicemente prendere antiche storie della cultura italiana, spesso tramandate oralmente fino a poco tempo fa, e trasferirle su carta, interpretandole.
Le composizioni tendono ad essere circolari e raffigurano piante e fiori medicinali oppure allucinogeni, farfalle che impollinano o uccelli che bevono il loro nettare e, nascosti tra le foglie e le ali, i volti di queste donne costrette a nascondere la loro sensualità e le loro “conoscenze” per il fanatismo indotto, un tempo, da una visione repressiva della religione, dalla paura del “diverso”. L'idillio e la gioia sono spiegazzati nelle forme contorte delle foglie e la sua colonna sonora è il silenzio di un bosco.
Il risultato vuole essere il racconto del momento in cui l'essere umano prende il controllo di tutto questo, in completa armonia con la natura, quell'attimo sospeso in cui la metamorfosi diventa estasi e tutto trova un senso, diventa il momento più alto dell'esistenza.
In questi disegni vorrei celebrare la carnalità del rapporto con la natura, quasi un amplesso mortale, dove il piacere accompagna spesso la perdizione. Tanto questa natura appare feconda e rigogliosa quanto la pelle è quasi a chiazze, acromatica, priva di sostanza vitale. Sono corpi sempre un poco sofferenti ed allucinati, quasi privi di sangue, in contrasto tra morte e vita, tra l'elogio della lussuria e il monito alla solitudine. E' come se fosse una linea retta, dove la morte è solo un passaggio di un'avventura molto più lunga ed interessante. Le donne di questi lavori ne sono consapevoli e lo vivono come un momento naturale del flusso continuo del mondo.
In fondo il dolore che rappresento è quello del piacere, la sensazione che stai provando qualcosa di estremamente intenso ma molto limitato nel tempo, in cui la felicità non può essere eterna perché è intrappolata nel flusso dell'esistenza.
Dipingo sopratutto figure magiche, esseri alchemici alla ricerca della conoscenza: alchimia e fusione insieme, estasi e metamorfosi contemporaneamente. Tento di raccontare delle “streghe” proprio perché le streghe non esistono e non sono mai esistite, sono “solo” donne con sensibilità e capacità intellettuali superiori che, per paura e comodità sono state marchiate negativamente. Prima per i cristiani era il naso adunco del diavolo, che rimandava agli ebrei, poi le donne che potevano avere risposte più soddisfacenti di quelle della cultura dominante.
Ancora oggi se qualcuno è pericoloso nella scalata al successo di un'altra persona la difesa più potente è l'infamia, il gesto profondamente violento dello screditare. Sono convinto che il ritorno alla natura, o perlomeno il desiderio di questo, sia ciclico nei periodi di grandi crisi economiche e dei valori. La cosa interessante è che siamo consapevoli di avere la necessità di un contatto diretto con quello che ci sta intorno solo nei momenti in cui la crisi di valori e l'economia monetaria sono così andate oltre da dimostrarsi completamente inutili.
Le persone interessanti per me sono sempre state quelle che hanno avuto da dire qualcosa di così profondo per cui il loro conto in banca non è mai stato argomento di discussione.
Il tentativo è di lasciare un messaggio che rimandi al contatto diretto con la nostra umanità, senza sovrastrutture. L'arte non consiste nel rappresentare cose nuove, bensì nel rappresentarle con novità (Ugo Foscolo).
La pittura contemporaneamente supera e si protrae. Dedico la mia arte a visualizzare un assaggio del mistero della vita e spero che esternalizzandolo nei miei dipinti questo possa anche essere visibile agli altri.
Non è possibile creare un dipinto senza scendere in se stessi e porsi domande essenziali. In quanto tale, il pittore è un mistico, un visionario, un alchimista. Fuori della pittura e della tela che mira a creare 'oro', simbolico, oro spirituale.
Il quadro finale per l'artista è come la pietra filosofale per l'alchimista: la porta d'ingresso per l'anima.
L'inizio di una nuova tela è come fare un tuffo nell'oceano del nord. Freddo e strano all'inizio, ma a poco a poco diventa tonificante e gratificante. Non faccio mai schizzi preliminari per cui vi è sempre il rischio di perdersi nel vuoto di una tela intatta. In realtà mi capita di tanto in tanto, ma questo può essere utile e sembra sempre di essere in modalità indietro o in avanti nei miei quadri.
C'è anche l'agitazione e l'urgenza. Qualcosa deve accadere; una manifestazione all'interno di quel grande bianco 'nulla',. Al di là della lingua, oltre i pensieri e oltre il fragore del ego. L'arte della pittura induce mutismo nel pittore. Invece l'occhio assume il comando, la visione pura e il richiamo di forme e colori affascina la mia attenzione. L'idea esiste senza pensiero cosciente. Non c'è senso, non è calcolato, ma intuitivo.
«Il peso del mondo
è amore.
Sotto il fardello
di solitudine
sotto il fardello
dell’insoddisfazione
il peso,
il peso che portiamo
è amore.
Chi può negarlo?
In sogno
ci tocca
il corpo,
nel pensiero
costruisce
un miracolo,
nell’immaginazione
s’angoscia
fino a nascer
nell’umano –
s’affaccia dal cuore
bruciando di purezza –
poiché il fardello della vita
è amore,
ma noi il peso lo portiamo
stancamente,
e dobbiam trovar riposo
tra le braccia dell’amore
infine,
trovar riposo tra le braccia
dell’amore.
Non c’è riposo
senza amore,
né sonno
senza sogni
d’amore –
sia matto o gelido
ossesso d’angeli
o macchine,
il desiderio finale
è amore
– non può essere amaro
non può negare,
non può negarsi
se negato:
il peso è troppo
deve dare
senza nulla in cambio
così come il pensiero
si dà
in solitudine
con tutta la bravura
del suo eccesso.
I corpi caldi
splendono insieme
al buio
la mano si muove
verso il centro
della carne,
la pelle trema
di felicità
e l’anima viene
gioiosa fino agli occhi –
sì, sì,
questo è quel
che volevo,
ho sempre voluto,
ho sempre voluto,
tornare
al mio corpo
dove sono nato.»
Allen Gisberg