Biografia

Luigi Fuschetto, manager con il Dna dell’artista. Una laurea magistrale in economia e commercio, amministratore unico e membro di consigli di amministrazione di società che si interessano di energie rinnovabili per professione, artista per passione e vocazione: pittore, amante e cantore della propria terra. Tempi diversi, ma lo stesso territorio e la stessa matrice comunitaria. Come Nicola Ciletti nel ‘900, così Luigi Fuschetto nel terzo millennio ci racconta coi suoi colori un Fortore senza tempo. La tavolozza dell’artista, originario di San Marco dei Cavoti, s’ispira ai grandi della pittura impressionistica, ma non è lontana delle scelte cromatiche del suo conterraneo di San Giorgio la Molara. Se Ciletti dipingeva la povertà dei contadini e il duro lavoro nei campi per dissodare una terra non sempre generosa, Fuschetto predilige i grandi paesaggi di una terra di mezzo tormentata, ma ricca di bellezza e di fascino. Ama sperimentare, non si ferma su una singola sfumatura di pittura: le distese verdi di grano e poi quelle bionde e lussureggianti delle messi, inframezzate dalle rosse macchie dei papaveri, lo spettacolo di immensi campi gialli (la fioritura della colza, una pianta strettamente imparentata con cavoli, broccoli e cavolfiori), i contrasti tra lembi di cielo terso e nuvoloni neri, pregni di pioggia, che si addensano sulle anse delle colline e sulla campagna brulla del freddo inverno. La sua cifra è l’occhio sulla natura: un caleidoscopio di colori con riferimenti espliciti e riconoscibili di luoghi e di storie, come una casetta rossa o una vecchia masseria in pietra, costruzioni di cui è disseminata la Valfortore e certe zone dell’entroterra campano. Tutto questo mondo è racchiuso nelle opere di Fuschetto che, con il suo mezzo secolo di vita, sta recuperando il tempo perduto e avanzando sulle piste dell’arte, con mostre personali in luoghi storici come la sagrestia del Vasari della Chiesa di Sant’Anna dei Lombardi a Napoli e in molti centri e città anche fuori regione. L’artista sannita continua con la sua pittura ad accendere i riflettori su quell’entroterra dell’Appenino meridionale fatto di minuscole comunità che – nonostante continui a depauperarsi di abitanti – rimane un punto di riferimento per umanità e bellezza. A dirla con il paesologo Franco Arminio: «Per riabitare i paesi ci vuole una nuova religione, la religione dei luoghi». Fuschetto di questa religione si è fatto interprete attento e premuroso, anzi quasi una sorta di «sacerdote laico».
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