PAOLO LEVI - GIANNI NAPPA - ALDO RISO - DUCCIO TROMBADORI

SINTESI DELLE CRITICHE

 La pittura della Lunghi, riecheggia la grande lezione figurativa italiana degli anni ’50, ripresa successivamente dalla transavanguardia. Il suo Eden è l’unica possibile salvezza per l’umanità in pieno accordo con la natura circostante, in un percorso ancora lungo, ma da affermare con forza, e le sue colature e strappi, sono ancora le evidenti ferite che noi tutti ci procuriamo, regalandole anche alle generazioni future.(Gianni Nappa)

“I temi affrontati da quest’artista sono a carattere sociale...e paiono concretizzarsi in un atmosfera caotica. Non dal punto di vista tecnico e raffigurativo, ma per quella sorta di “disfacimento” della realtà, come se il profondo disagio dell’esistenza contemporanea si trasformasse in una”minaccia” di scarti solidi e organici: quello dei rifiuti e quello dei rifiutati, simboli della civiltà dei consumi e dello sfruttamento….Maria Grazia Lunghi, nelle sue opere, affronta, sempre con risultati eccellenti, anche altre problematiche degli esseri umani, dovute alle loro precarie condizioni di vita…..il tutto scandito da una pittura tra figurativo, espressionismo e astrazione ”( Paolo Levi)

“… E nasce una pittura chiara, solare, limpida che carezza l’anima. I passaggi sono tanti e complessi, astratto, fantastico, figurativo e poi ancora tutto dall’inizio a riprendere il suo dialogo non già con il visto, ma con il pensato” (Aldo Riso)

“Maria Grazia dipinge con adesione spontanea alle impressioni delle cose che la sua camera ottica inquadra per bagliori cromatici e per una nativa capacità plastica e compositiva. … Semplicità di dettato e chiarezza camminano di pari passo in una pittura che ama il suo repertorio cromatico più che la sua minuziosa descrizione Ciò significa effettivo talento e senso della qualità pittorica. Chi cerca la pittura sa bene che raccontare qualcosa è indispensabile. Ma sa anche bene quanto è più importante il “come” rispetto al cosa si racconta. Credo che Maria Grazia sappia istintivamente, e con una certa imperiosa virtù creativa, quali sono le esigenti pretese dell’arte pittorica.” (Duccio Trombadori)

“…L'esigenza di comunicazione diretta, non mediata da percorsi obbligati, si riflette nella sua esperienza pittorica che, fin da allora, offre a chi osserva la possibilità di ripercorrere con immediatezza la sua avventura interiore: una tendenza all'espressione confidenziale dei propri stati emotivi, che si trasmette attraverso immagini forti, incisive, crude. Immagini di cose, oggetti, elementi comunque riconoscibili anche se inseriti in un contesto ambiguo, evanescente, costellato di piccole macchie incongrue, di sottile inquietudine” (Sergio Caldaretti)

“… Tutto ha luogo in brevissimi spazi, dove l’olio su tela compie il rito convergente tra memoria e ricerca. La forma a tratti è pietra dura, cielo o carne, e sfugge alle definizioni composte. Qui la bravura, in un complesso e sfuggente dispiegarsi di idee che oltrepassano la linea della fisica pur dilatandosi in essa” (Maria Teresa Palitta)

“il contenuto è gesto pittorico. L’artista usa la pennellata come estensione del proprio essere, esprime la coscienza soggettiva, l’introspezione psicologica dell’uomo. Il gesto-azione è atto, è manifestazione, è denuncia del disagio esistenziale individuale e collettivo. (Nathalie Affricano)

Il registro mediterraneo del colore, la semplicità di un’immagine che esce quasi dai limiti del paesaggio per rientrare in se stessa, nella sua essenza visiva; il tocco forte di una pennellata, che si ammanta di materia cromatica; l’attenzione estrema dell’artista a non turbare l’incanto di una visione sorgiva con particolari accessori: tutto confluisce nel comune denominatore della luce, alla quale Maria Grazia Lunghi sacrifica ogni compiacimento formale.( Italo Marucci)

Apre l’opera della Lunghi il passaggio dall’oggetto alla relazione. Il tempo denso, fattuale, materico, concentra tutta l’estensione e la frenetica durata nell’intensità cellulare dell’istante di risultato, in sinestesia dal colore, al rumore, al movimento, alle impronte stratificate del transito. L’opera dell’artista, quasi fosse pelle della città, raccoglie un precipitato di atti dell’accadere umano e, dal fotogramma sintesi della cinematografia sensoriale, rivela e denuncia all’uomo il suo viaggio. (Fulvia Minetti)

Maria Grazia Lunghi libera sulla tela mostri di trame intricate che imprigionano il paesaggio in una fanghiglia melmosa: la Città Eterna, esamine ha smesso di lottare per affiorare, spinta al di sotto dal peso di tutto ciò, cerca finestre di respiro: è vicina la sua ultima ora sotto il cielo dell’indifferenza, tra fili di cemento e sangue. (Laura Lioce)


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