Emidio Di Carlo

Il largo uso del termine “classico” nella storia dell’arte manifesta specificità peculiari alterne: nell’assunto filosofico resta la partenza per la successiva ricerca speculativa; nella logica matematica il punto fermo di un valore storicamente “acclarato”; poi l’ulteriore accezione, con i corsi e ricorsi storici, nella continuità stilistica. Il linguaggio pittorico di Michele de Simone ha la particolarità di sommare queste diverse realtà enunciate. L’artista muove da lontani studi di cultura classica e dal lavoro scoperto nell’ambito della famiglia; entrambi hanno formato il proprio vivace ed esclusivo patrimonio figurativo pittorico.
Michele è un figlio d’arte. Attraverso il quotidiano lavoro dal padre, Rodolfo, pittore radicato nella scuola abruzzese-napoletana, ha senz’altro, preso coscienza ed ereditato gli strumenti del mestiere e l’attrazione per la bellezza della natura. L’equilibrio formale, l’ordine, la chiarezza espositiva, la luminosità atmosferica, la prospettiva aerea, le armonie cromatiche sono entrate a far parte, sia pure in misura diversificata, del proprio bagaglio figurativo.
All’inizio era stato già attratto dal fluire dei colori nello scenario realistico; ciò anche suggerito dalla lunga tradizione pittorica figurativa presente nel mondo artistico dell’Aquilano. Oltre alle informazioni visive dai lavori del padre, Michele ha maturato il proprio lavoro creativo al tempo di Amleto Cencioni (il pittore del “paesaggio aquilano), di Giuseppe Centi (l’anima aquilana delle avanguardie europee), di Giuseppe Scarlattei (il seguace della “Scuola Romana”), di Remo Brindisi (l’interprete delle ansie umane nella società matriarcale agricolo-pastorale, fustigatore delle autoarchie politiche nella propria storia).
Tanta vitalità artistica è stata determinante nel periodo formativo artistico e l’accentuarsi della crisi e del disordine nella società contemporanea, hanno modificato il suo  DNA formale pittorico. La globalizzazione delle culture e della vita dei popoli ha comportato una svolta creativa del linguaggio: la vena impressionista - memoria macchiaiola – ha lasciato il campo alle trepidazioni espressioniste con gesto pittorico istintivo. Il nuovo “figurativo” esplicita le motivazioni quotidiane umane e culturali dell’artista con intensa inquietudine creativa  in un percorso che, comunque, non nega la sostanziale presenza del “vero”.