Gino Montesanto
In queste opere di Paolo Petrucci – pittore romano e anche regista televisivo di insolita sobrietà e finezza – le vene dell’ispirazíone sono, mi sembra, piuttosto chiare.
Le campagne, le coste, le marine, le case di Paolo Petrucci, nell’essenzialità delle campiture – che confinano con l’astrazione – nella scelta dei toni – predominio di bellissimi grigi, di azzurri, di verdi mostrano una scelta di solitudine, di silenzio, di intima ricerca della natura che toccano, se non un vero e proprio spirito religioso, la soglia del metafisico.
Paesaggi mediterranei, – ma è giusto definirli paesaggi questi dipinti che sono l’anticartolina? – un albero, una casa, la linea del mare, l’asperità del promontorio, delle montagne, ridotti all’essenziale, – la spatolata è intensa, compatta, il colore si raggruma dove più forte deve essere l’impronta – sono lì a suggerirci ricerca di quiete interiore, di serenità, di distacco, di malinconia.
Più d’una di queste opere, forse, sarebbe piaciuta a Mario Mafai, maestro del novecento, universalmente non ancora abbastanza lodato. E non a caso anche Mario Mafai era romano come il giovane Paolo Petrucci.
Gino Montesanto
23 marzo 1979