Biografia
BREVI CENNI AUTOBIOGRAFICI
Sono nato il 2 aprile del 1967 a Roma dove ho sempre vissuto e lavorato.
Laureato in Architettura nel 1999 presso l’Università “La Sapienza” di Roma, mi sono occupato, per dieci anni, di progettazione industriale (design) per poi passare alla attività lavorativa da libero professionista come architetto.
Il dipingere è sempre stata la mia passione.
In età adulta e lavorativa, l’aver avuto la possibilità di occuparmi per parecchio tempo di design, è stato, sicuramente, un modo differente rispetto al dipingere, per esprimere la mia creatività.
Lavorare, infatti, sulle “forme” e con le “forme”, per creare oggetti, ha rappresentato per me un momento formativo importante per acquisire in maniera più complessa il linguaggio visivo.
Ho sempre cercato, sia prima come designer e sia poi come architetto, di mettere sempre in pratica la “metafora del linguaggio visivo”.
"Un ringraziamento speciale a mia moglie a cui devo il merito di avermi spinto a prendere, in maniera sistematica e autoriflessiva, il mio percorso artistico”.
PENSIERO PITTORICO
Sono sempre stato convinto che, in una società sempre più concettuale e dematerializzata qual è quella attuale, il segno generatore, quale atto creativo, che si può trovare dietro ad un disegno, ad un oggetto o come pure ad una forma architettonica, possa e debba essere letto, come atto capace di generare “altro” che va oltre al suo realizzato fisico.
“Qualcosa altro” che, metaforicamente parlando, sia portatore di altri significati, sia espliciti (cioè voluti consciamente) e sia impliciti (non voluti ma espressi dall’inconscio).
A sostegno e comprensione di quanto sopra detto, mi piace riportare la descrizione del termine “metafora” da dizionario a cui mi rifaccio sistematicamente ogni qual volta voglio dare una esposizione del mio fare pittorico:
“Metafora: Figura retorica per cui si trasporta un vocabolo dal senso proprio a un senso figurato..."
Per me la pittura sta proprio in questo: la capacità di trasportare un "vocabolo" visivo" su un altro livello. Dare spazio alla mente in modo che sia l'inconscio a ricollocare i vari vocaboli visivi su altri significati in modo di farci riconciliare con la realtà fenomenica.
Metafora figurativa che ha, quindi, un valore “terapeutico” e “curativo” per la mente. Capace cioè di poter innescare tale processo riparatorio e risarcitorio sul proprio vissuto.
Ed è questo, secondo me, la sensazione principale che si deve tenere presente nel guardare un quadro.
Un sensazione di sintonia tra il figurato pittorico e il proprio io interiore.
Trovo la pittura portatrice naturale di tale valore metaforico e terapeutico.
Nella pittura cerco di dare forma alla mia visione metaforica della vita.
Come già detto in precedenza punto di partenza è il concetto di metafora: "Figura retorica per cui si trasporta un vocabolo dal senso proprio a un senso figurato…"
Il “trasporto” è quello di far “leggere altro” partendo dal rappresentato pittorico.
“L’altro” sono le emozioni, i sentimenti, il proprio vissuto che vengono messi in risonanza e riportati all’attenzione di chi guarda il quadro attraverso il quadro.
Metafora pittorica, quindi, come strumento intellettuale e speculativo capace di far leggere il proprio mondo interiore.
La rappresentazione pittorica può, come di seguito specificato, essere attuata attraverso varie tipologie e metodologie rappresentative, ove il rappresentato pittorico possa, a varia misura, riportare o rielaborare la realtà fenomenica (esseri viventi, oggetti, paesaggi, ecc…).
L’intento della mia attività pittorica, astratta o figurata che possa essere, è sempre quello di innescare un processo virtuoso, tale per cui, chi guarda, ha modo di ricollocare, attraverso l’immagine dipinta, in maniera conscia o inconscia, altri significati che appartengono al proprio vissuto e che sono portatori di sensazioni ed emozioni.
Considero il mio fare pittorico come un puro e semplice “atto creativo”, piuttosto che un “atto artistico”.
Questo perché, quando osservo “un’opera d’arte”, la vedo sempre prima e solo come qualcosa capace di suscitarmi sensazioni ed emozioni; a prescindere che sia anche portatrice di valori artistici, storici e culturali.
Ritengo infatti che un dipinto dovrebbe “avere valore” solo ed unicamente se è capace di suscitare in noi stessi tale processo di “metafora intellettiva”.
Un atto creativo, in qualunque modo esso si manifestati e concretizzi, può anche essere privo di un substrato storico-culturale od economico. L’importante che sia autentico nel suo fare. Capace, cioè, di emozionare chi lo guarda suscitando stati emozionali interni.
Compito del mio fare artistico è in ultima analisi proprio questo: dare modo a chi guarda un mio dipinto di poterlo “utilizzare” come veicolo per accedere alla propria area emotiva.