Biografia
Mi chiamo Serena, ho 45 anni e abito ad Annone di Brianza, un paesino vicino a Lecco (Lombardia).
Sono affetta da distrofia muscolare progressiva, sono completamente paralizzata e respiro grazie a un ventilatore polmonare. La distrofia mi costringe in carrozzina da quando avevo 7 anni - ho ricevuto la Prima Comunione in piedi e la Cresima in carrozzina.
Riesco a utilizzare il computer grazie a un un touchpad che aziono con il pollice della mano sinistra e con il quale dipingo.
Che genere di pittura è la mia? Non copio mai nulla. È una regola che mi sono data.
Cerco di tirar fuori quello che ho dentro, trasformo in immagini i miei sentimenti e le mie emozioni. Uso tecniche e pennelli virtuali, come tempere, aerografo e gessetto, ma preferisco gli effetti pittorici più delicati.
Datemi un touchpad e vi dipingerò il mondo, il mio mondo interiore.
L’arte per me si riassume in una frase di Wassily Kandinsky: “Il colore è un potere che influenza direttamente l’anima”
Elena Wenk, artista affermata e arteterapeuta, anche lei disabile, dice che i miei dipinti potrebbero trovare un posto tra quelli di Frida Kahlo, che negli ultimi anni di vita era costretta a letto e dipingeva con l’aiuto di ausili. Elena mi ha molto aiutato a sviluppare la mia sensibilità artistica e mi ha coinvolto nel suo tirocinio di arteterapia.
Su di me, nella sua tesi, scrive:
“Sebbene io abbia fatto un ulteriore percorso di tirocinio trattando anche un altro caso con disabilità in cui ho potuto sperimentare la creazione e l’uso di ausili personalizzati artistici, ho scelto di raccontare la mia esperienza con Serena perché lo ritengo un caso “estremo”, un caso in cui la malattia del corpo sembra dare poche (se non nulle) possibilità di espressione artistica. Serena è affetta da Distrofia Muscolare dei Cingoli, una malattia genetica progressiva, ed è completamente paralizzata su una sedia a rotelle. Può muovere di pochi millimetri solo un dito: il pollice della mano sinistra. In più il progredire della malattia e i numerosi problemi quotidiani legati alla sua grave disabilità, generano in Serena comprensibili e ovvi stati di ansia, insicurezza e depressione. Le propongo così di iniziare con me un percorso di arteterapia... e lei accetta volentieri la sfida. Provo a farla dipingere con la bocca ma mi rendo subito conto dell’impossibilità di mettere in pratica questa idea per via della debolezza dei muscoli del collo. Scopro però che Serena, con l’aiuto di un particolare mouse utilizzabile con un leggero movimento del dito, è abilissima ad usare il computer. Saranno quindi il computer, un software grafico e il suo particolare mouse, gli ausili che le permetteranno di esprimere il suo ricco mondo interiore. Il computer e il mouse sono strumenti conosciuti e usati da tempo da Serena, mentre il software grafico è un’assoluta sorpresa per lei. Con stupore e un po’ di timore si avvicina a questo programma pieno di funzioni, colori e strumenti artistici virtuali (pennelli, pastelli, matite, ecc..). Inizialmente le sembra tutto molto difficile e complicato, pensa di non essere capace, di non farcela, ma con il mio aiuto e la sua grande curiosità, impara presto a disegnare con questo software. Vengo a sapere in seguito che Serena disegnava già molto bene da bambina quando poteva usare ancora le mani. In molti disegni, Serena raffigurava oggetti “per aria”, oggetti sospesi, staccati da terra, come se in lei mancasse il contatto con le cose e con la realtà ha addirittura invertito il cielo con la terra. Questa mancanza di contatto con il terreno mi ha fatto pensare che Serena fosse estraniata dalla sua corporeità come se il suo corpo fosse andato perso e insieme ad esso il contatto con la realtà circostante. Così decisi di provare ad introdurre esperienze sensoriali e corporee come stimolo durante le sedute. Con l’aiuto della mia assistente, le misi del colore direttamente sulle mani, sul viso, le feci annusare e toccare diversi elementi e materiali: menta, spezie, terra, acqua, sassi, foglie, ecc.. C’è stato anche un altro fattore importante nel procedere del percorso con gli stimoli sensoriali ed è stato quello della “relazione”. Nell’attuare questi stimoli, mi sono messa in gioco molto anch’io, nel senso che mentre prima io ero solo la conduttrice e l’osservatrice, qui mi sporcavo anch’io, ci sporcavamo insieme ed entravo in contatto fisico con lei mettendomi “sullo stesso piano”. Questo fattore relazionale ha permesso a Serena di essere più a suo agio e meno insicura, creando una maggior apertura. Comincia così una svolta in questo percorso di arteterapia. Serena inizia a divertirsi, a provare piacere. Nei suoi disegni si intravede più gioia, spensieratezza, tranquillità e speranza e diminuisce il senso di angoscia e paura. Anche ora che il tirocinio è terminato, Serena continua a dipingere con passione e mi mostra con orgoglio vari articoli di giornale che parlano delle sue opere al pc.
Se penso che solo un anno fa’ era riluttante a firmare e mostrare i suoi disegni... e adesso si espone mostrando sé stessa su un giornale e progetta di fare mostre personali e vendere le sue "opere" ritengo questa esperienza una grande spinta a proseguire la mia attività di arteterapeuta... per usare un linguaggio tecnico, si può considerare questo tirocinio un ottimo esempio di empowerment!”