Arthur Koestler, Buio a mezzogiorno

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Descrizione

Tutti abbiamo creduto di poter trattare la Storia come un esperimento di fisica. La differenza è che in fisica si può ripetere l'esperienza migliaia di volte, ma nella Storia si può farlo una sola volta.

Arthur Koestler, Buio a mezzogiorno


Buio a mezzogiorno

romanzo scritto da Arthur Koestler


Buio a mezzogiorno (titolo in tedesco: Sonnenfinsternis) è un romanzo dello scrittore ungherese Arthur Koestler, pubblicato in lingua inglese nel 1940 col titolo Darkness at Noon. L'opera più celebre di Koestler racconta la storia di un vecchio bolscevico: ne descrive l'arresto, la detenzione, gli interrogatori, il processo per tradimento contro il governo che egli stesso contribuì a creare, e l'esecuzione. Ambientato nel 1939, nel periodo delle Grandi purghe di Stalin e dei processi di Mosca, Koestler non nomina mai la Russia o l'URSS, tendendo invece a usare i termini generici di gente e organizzazioni. Cosicché, per esempio, si riferisce al governo sovietico come "il Partito" e la Germania nazista è "la Dittatura". Stalin è rappresentato dal "Numero Uno", minaccioso despota. L'opera esprime tutta la disillusione provata da Koestler per la fede, irreparabilmente perduta, nell'ideologia totalitaria comunista dell'URSS all'inizio della seconda guerra mondiale.


Buio a mezzogiorno

Titolo originale

Darkness at Noon

La copertina della prima edizione statunitense del romanzo

Autore

Arthur Koestler

1ª ed. originale

1940

1ª ed. italiana

1946

Genere

romanzo

Lingua originale

inglese

Ambientazione

Unione Sovietica, 1939

Protagonisti

Nicola Salmanovič Rubashov

Altri personaggi

Ivanov, Gletkin, Michele Kieffer

("Labbro leporino")

Trama


Un alto funzionario del Partito sovietico, ex commissario del popolo, Nicola Salmanovič Rubashov, viene arrestato nella sua abitazione in piena notte, per attività controrivoluzionarie. Trasferito in cella, ricorda la propria vita di esponente di primo piano del Partito fin dalla Rivoluzione e le persone che egli stesso ha portato alla condanna e alla "liquidazione". Un racconto preciso che rispecchia realisticamente quanto descritto da altre testimonianze sull'atmosfera di quegli anni.


Il romanzo, scritto nel 1940 e ambientato nel 1939, si rifà al processo e alla condanna a morte di Nikolaj Ivanovič Bukharin, svoltosi nel 1938, e a quelli di altri alti dirigenti comunisti che in quegli anni furono vittime di un'epurazione che caratterizzò l'epoca del Grande terrore. Koestler indaga come un uomo, preso da un perverso ingranaggio di accuse false e torture psicologiche e fisiche, sia indotto a confessare crimini che non ha commesso e che, comunque, tali non sono.


All'epoca, soprattutto i funzionari che avevano svolto missioni all'estero, come il protagonista Rubashov, vennero accusati di cospirazioni con il capitalismo, di tradimenti della causa comunista che essi non concepivano nemmeno. Le confessioni estorte con la tortura venivano poi utilizzate contro l'imputato e il cerchio si chiudeva sia per il falso testimone, a sua volta accusato da altri, sia per l'imputato. Un incubo dal quale si usciva solo con la morte, inutile e liberatoria.


Uno degli stessi funzionari che interrogano Rubashov, il magistrato inquirente Ivanov, un tempo suo amico e collega di università, nel corso della breve detenzione di Nicola Salmanovič, viene incriminato e assassinato a sua volta dopo un diverbio con lo zelante, incolto funzionario della nuova generazione, Gletkin, che incarna la dottrina più cieca, senza altri valori se non quelli del Partito e della sua politica.


Come riflette Rubashov, ancora dibattuto tra l'abbandono di un sistema che egli stesso ha contribuito a costruire e funzionare oppure la sua definitiva accettazione, anche annullando la propria vita e dignità, il Partito ha sostituito ai concetti morali di buono e cattivo quelli razionali di utile e dannoso, e per esso la vita del singolo non ha alcuna importanza di fronte alla Storia.

Fonte 

https://it.wikipedia.org/wiki/Buio_a_mezzogiorno



Arthur Koestler

scrittore e filosofo ungherese


Arthur Koestler, nato Artúr Kösztler (IPA: [ˈɒːrtuːr ˈkøstlɛr]) (Budapest, 5 settembre 1905 – Londra, 1º marzo 1983), è stato uno scrittore, giornalista, saggista, filosofo e parapsicologo ungherese naturalizzato britannico. Teorizzò l'olarchia, da cui discende la teoria societale di olocrazia.[1]


Arthur Koestler nel 1969


Biografia

Arthur Koestler nacque a Budapest, all'epoca parte dell'Impero austro-ungarico, il 5 settembre del 1905 da una famiglia ebraica ashkenazita, figlio di Henrik Kösztler, un commerciante ungherese originario di Miskolc, e di Adele Jeiteles, una donna boema originaria di Praga, ma cresciuta in Austria. Nei primi anni venti, si trasferì con la famiglia a Vienna, dove nel 1922 si iscrisse alla facoltà di ingegneria del Politecnico. Nell'ambiente universitario aderì alla confraternita sionista. Tuttavia, quando l'attività commerciale di suo padre fallì fu costretto a ritirarsi poiché la famiglia non poté più permettersi di pagare la retta.


Nel 1926, abbandonò quindi l'Europa ed emigrò con i primi coloni sionisti in Palestina, al tempo un protettorato britannico, ove lavorò, sfruttando le competenze degli studi universitari mai completati, come assistente ingegnere in una fabbrica. Assunto da un giornale tedesco, divenne inviato da Gerusalemme, per poi trasferirsi in Germania, dove assunse la carica di co-direttore del Berliner Zeitung am Mittag, iscrivendosi successivamente al Partito comunista. Nel 1934 si rifugiò in Francia, a Parigi, per sfuggire alle persecuzioni razziali naziste. Continuò la sua attività di giornalista indipendente, denunciando sempre il pericolo costituito dal regime nazista. Inviato in Spagna per seguire gli sviluppi della guerra civile spagnola, venne catturato e condannato a morte dall'esercito franchista. L'intervento della diplomazia britannica gli salvò la vita. Tornato in Francia nel 1939, decise di abbandonare il partito comunista, di cui abiurò l'ideologia a seguito delle grandi purghe e deportazioni staliniane. Scrisse Buio a mezzogiorno, il cui protagonista è un uomo del Partito Bolscevico sovietico che cade vittima del sistema di persecuzione di cui egli stesso aveva fatto parte. Il romanzo gli provocò l'ostilità di numerosi intellettuali di sinistra vicini al partito comunista; come conseguenza, lo scrittore cadde in una forte depressione che lo spinse a tentare il suicidio col gas.


Allo scoppio della seconda guerra mondiale le autorità della Francia occupata lo internarono per qualche mese a Le Vernet; liberato, si arruolò nella Legione Straniera, per sfuggire alla deportazione sotto il regime collaborazionista della Repubblica di Vichy governata dal generale Pétain. Riuscì in tal modo a raggiungere Londra, dove si stabilì definitivamente, prendendo anche la cittadinanza britannica.


Nel secondo dopoguerra continuò l'attività di scrittore e polemista, su posizioni decisamente anticomuniste. Fu anche insignito dell'Ordine dell'Impero Britannico. Nel 1983 Koestler, affetto da malattia di Parkinson e leucemia, si suicidò insieme alla terza moglie Cynthia. I corpi dei due coniugi furono trovati dalla cameriera nella loro casa londinese il 3 marzo.[2] La coppia si era tolta la vita 36 ore prima con una overdose di barbiturici.[3]


Vita privata

Ebbe tre mogli: Dorothy Ascher (dal 1935 al 1950), Mamaine Paget (dal 1950 al 1952), Cynthia Jefferies (dal 1965 al 1983).


Fonte :

https://it.wikipedia.org/wiki/Arthur_Koestler




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