Dead in the cage
di Livio Billo
Descrizione
L'opera mostra un giovane astore (Accipiter gentilis), appena deceduto. Il fatto mi ha commosso e anche frustrato, essendo stato vano lo sforzo per salvarlo. Finito non so come nel mio giardino, forse per un infortunio, non è stato soccorso a tempo da chi, in base alla mia segnalazione, avrebbe dovuto provvedere in tal senso. Mi è stato detto di riporlo, intanto, in una scatola o cassetta per la frutta, con dell'acqua e un po' di carne trita. La bestiola non ha toccato nessuna delle due, spirando in capo a qualche ora. Forse il suo destino era quello, ma la fine, così triste e ingloriosa d'un esemplare della specie fra le più belle ed eleganti dei rapaci europei, mi ha indotto a considerare quanto bellezza, eleganza e destrezza siano, in ogni loro forma naturale, effimere, delicate e fragili. L'abile cacciatore, dal volo deciso e potente, capace di destreggiarsi fra rami e tronchi d'albero con virate e volteggi strepitosi, così come di planare maestosamente dagli aperti spazi aerei, giaceva ora miseramente, con ali e zampe rattrappite, in quella specie di "gabbia" diventata presto la sua bara. Ho meglio compreso, allora, la profondità e la portata metaforica di certi versi imparati a scuola: Spesso, per divertirsi, i marinai catturano albatri,[...] /questi re dell'azzurro, vergognosi e timidi, /se ne stanno tristi con le grandi ali bianche/penzoloni come remi ai loro fianchi./ [...] Il poeta è come quel principe delle nuvole,/ [...] con le sue ali di gigante non riesce a camminare. (C. Baudelaire, L'albatro, in I fiori del male, 1857)
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