quadri in vendita online - NIRVANA: ESPANSIONE D'AMORE UNIVERSALE

Descrizione

Nirvana 

Nel Buddhismo il nirvana è il fine ultimo della vita, lo stato in cui si ottiene la liberazione dal dolore (duḥkha). La dottrina del nirvana nel Buddhismo solitamente non viene definita con termini positivi, ma negativi: dato che il nirvana è al di là del pensiero razionale e del linguaggio, non è possibile affermare quello che è ma, piuttosto, quello che non è. Occorre precisare che la dottrina del nirvana acquisisce significati diversi a seconda della scuola buddhista, del periodo storico e del luogo in cui essa fu esposta.


Natura del nirvana


Il Buddhismo crede nella rinascita di ogni specie. Se il karma della vita è negativo la vita può continuare nella sofferenza, se invece si ha un karma positivo la vita continua attraverso l'illusione del piacere.

Secondo il Buddhismo dei Nikāya la fine delle sofferenze, dei dolori e delle passioni, ivi comprese quelle piacevoli, è raggiungibile solo con il nirvana.

Il nirvana è riuscire a liberarsi dei tre difetti fondamentali: la brama, l'odio e l'illusione. Nirvana non è il "nulla", esso non viene mai descritto e chi lo ha realizzato lo indica come un'immensa, inimmaginabile e imperturbabile consapevolezza ed è raggiunto solo dagli arhat.

Lo spirito raggiunge il più alto grado di consapevolezza che si possa raggiungere.


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Nella filosofia


Il nirvana (l'"ascesi" al nirvana) si ritrova nel pensiero di Schopenhauer.


Fonte

https://it.wikipedia.org/wiki/Nirvana



Meditazione Kundalini Chakra Dhyana - in Italiano (Mutatemente.com)

Guarda il video:

https://youtube.com/watch?v=tQvM0w3ZBMg&si=wRyMPkuydfvEf0lZ



Il buono è colui che ama gli altri; ma ogni amore è compassione: poiché ogni desiderio, ogni bisogno è sofferenza, "il buono ama gli altri" significa che mitiga le loro sofferenze, appaga i loro desideri. La tonalità dell'amore [...] e le sue tenerezze, coincidono con la tonalità della compassione. L'essenza intima dell'amore è la coscienza (beninteso non un sapere astratto, ma una coscienza immediata in concreto, vulgo sentimento) di chi ama che l'altro uomo è diverso da lui solo nell'apparenza, ma nell'essenza sono entrambi un'unica cosa, volontà di vivere. Per questo mitiga le sofferenze altrui come se fossero sue, anzi accrescendo le proprie.


A. Schopenhauer, Il mio oriente, pp. 130-131



“Alcuni porcospini, in una fredda giornata d'inverno, si strinsero vicini, vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono le spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l'uno dall'altro. Quando poi il bisogno di riscaldarsi li portò nuovamente a stare insieme, si ripeté quell'altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro fra due mali. Questo finché non riuscirono a trovare una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione.



Così il bisogno di società, che scaturisce dal vuoto e dalla monotonia della propria interiorità, spinge gli uomini l'uno verso l'altro; le loro molteplici repellenti qualità e i loro difetti insopportabili, però, li respingono di nuovo l'uno lontano dall'altro. La distanza media, che essi riescono finalmente a trovare e grazie alla quale è possibile una coesistenza, si trova nella cortesia e nelle buone maniere.”


Arthur Schopenhauer, “Parerga e Paralipomena”


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