RESISTENZA OMAGGIO AI GIUSTI DEL GHETTO DI VARSAVIA

di World Art Education

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Descrizione

Janusz Korczak – Diario del ghetto

Prefazione: Elio Toaff

Traduzione: Margherita Bacigalupo

Luni Editrice


Diario del ghetto

È il diario degli ultimi giorni di vita di Korczak prima del rastrellamento del ghetto di Varsavia nel 1942.

 

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Scritti con tenacia nonostante la stanchezza e l’indebolimento fisico, complice il silenzio della notte e l’inesauribile desiderio di vivere, gli appunti e le memorie di Janusz Korczak non hanno niente della confessione; questi pensieri intendono piuttosto riaffermare l’opera di una vita, e ne dichiarano la vittoria proprio nel momento della persecuzione e dello sterminio.

Il presentimento della fine imminente permea tutto il diario: la consapevolezza della morte violenta diventa una verità quotidiana.

L’educazione dei bambini alla morte diviene un capitolo della pedagogia di Korczak: è un addomesticamento senza edulcorazioni o isterismi, che si accompagna a una incessante educazione alla vita quotidiana in tutta la sua concretezza.

 

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Janusz Korczak (Varsavia 1878 – Treblinka 1942), libero pensatore, poeta e medico, fu, secondo Bruno Bettelheim «uno dei più grandi educatori di tutti i tempi». Consacrò ai bambini l’intera esistenza.

Per loro, per i loro diritti, e per il rispetto della loro integrità e unicità, si batté con tutte le forze e tutti i mezzi, fino all’ultimo. Credendo fermamente nelle potenzialità della natura umana, lavorò senza risparmiarsi per realizzare il sogno che lo aveva sempre accompagnato: il sogno di un mondo più vero, più a misura d’uomo, più giusto. Ebreo, morì nel campo di sterminio nazista di Treblinka, insieme a duecento bambini e agli educatori della «Casa dell’Orfano», da lui fondata e diretta per trent’anni a Varsavia.

 

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Di Janusz Korczak la Luni Editrice ha già pubblicato:

Il diritto del bambino al rispetto, Come amare il bambino, Quando ridiventerò bambino, Diario del Ghetto, Ricordi di fanciullezza, Da solo a solo con Dio


Fonte:

https://www.lunieditrice.com/product/diario-del-ghetto-janusz-korczak/


Janusz Korczak la mattina del 5 agosto 1942 fu deportato nel campo di sterminio di Treblinka insieme a tutti i bambini ospiti dell'orfanotrofio ebraico del ghetto di Varsavia. I bambini uscirono dalla loro Casa vestiti con gli abiti migliori, ordinati, mano nella mano. Il corteo era chiuso dallo stesso Korczak che badava a mantenere i bambini sulla carreggiata. Riconosciuto dagli ufficiali nemici venne trattenuto perché una tale personalità non avrebbe dovuto seguire il destino degli altri, ma egli si rifiutò di abbandonare i suoi bambini. Sembra sia morto di dolore durante il trasporto.[3]

Fonte:

https://it.wikipedia.org/wiki/Janusz_Korczak


Mordechaj Anielewicz

antifascista polacco


Mordechai Anielewicz (Wyszków, 1919 – Varsavia, 8 maggio 1943) è stato un antifascista polacco di origine ebraica, vittima dell'Olocausto. Fu il comandante della ŻOB (Żydowska Organizacja Bojowa, in italiano: Organizzazione ebraica combattente) durante la rivolta del ghetto di Varsavia.


Nato in una famiglia povera a Wyszków, presso Varsavia, aderì al movimento scout ebraico giovanile sionista socialista "Hashomer Hatzair" dopo aver compiuto gli studi superiori. Il 7 settembre 1939, una settimana dopo lo scoppio della guerra contro la Polonia, Anielewicz fuggì assieme al suo gruppo da Varsavia alle regioni orientali del paese, sperando che i polacchi potessero rallentare l'avanzata tedesca. Quando l'Armata rossa occupò la Polonia orientale, Anielewicz tentò di passare in Romania per aprire un canale di emigrazione in Israele (allora Mandato britannico della Palestina) per i giovani polacchi; fu però fermato e imprigionato dai sovietici. Fu rilasciato poco dopo e trasferito al ghetto di Varsavia.


Quando seppe che rifugiati ebrei, altri gruppi giovanili e politici fuggivano verso Vilnius, in Lituania - allora sotto controllo sovietico -, vi si recò e convinse i suoi colleghi ad inviare persone in Polonia per continuare la lotta contro i nazisti. Ritornò a Varsavia nel gennaio del 1940 con la sua fidanzata, Mira Fuchrer, e lì organizzò cellule e gruppi di giovani, partecipò a pubblicazioni clandestine, organizzò incontri e seminari e visitò altri gruppi in città vicine.


Nell'estate del 1942 Anielewicz era nel sud-ovest della Polonia annessa alla Germania tentando di organizzare una difesa armata. Al suo ritorno vide che era stata compiuta una massiccia deportazione verso il campo di sterminio di Treblinka e restavano solo 60.000 degli originali 350.000 ebrei. Si affiliò allo ŻOB e in novembre fu nominato comandante. All'inizio del 1943 fu stabilito un contatto con il governo polacco in esilio a Londra e il gruppo ricevette delle armi dalla zona polacca di Varsavia.


Il 18 gennaio 1943, Anielewicz prese l'iniziativa di impedire la deportazione di un gruppo di ebrei ai campi di sterminio, iniziando la rivolta che sarebbe terminata il 16 maggio 1943. Anielewicz si suicidò, con la sua fidanzata e lo stato maggiore, nel bunker della ŻOB in via Mila, l'8 maggio, quando la loro cattura da parte dei nazisti era ormai inevitabile. All'inizio del 1944 gli fu concessa l'onorificenza postuma Virtuti Militari, la croce di guerra polacca, dal governo polacco in esilio.


Il kibbutz Yad Mordechai in Israele è stato fondato in sua memoria e ospita un monumento in suo onore.

Fonte:  

https://it.wikipedia.org/wiki/Mordechaj_Anielewicz




NON DIRE MAI


Non dire mai che hai percorso l'ultimo cammino

anche se le nuvole nascondono l'orizzonte

verrà ancora la nostra ora tanto attesa

risuonerà ancora il nostro passo "noi siamo qui"

verrà ancora la nostra ora tanto attesa

risuonerà ancora il nostro passo "noi siamo qui"


Dalle terre delle verdi palme alla terra delle bianche nevi

noi veniamo con il dolore delle nostre sofferenze

e dove è caduta una stilla del nostro sangue

lì fiorirà il nostro coraggio, il nostro eroismo

e dove è caduta una stilla del nostro sangue

lì fiorirà il nostro coraggio, il nostro eroismo


Il sole del mattino illuminerà d'oro il nostro oggi

e il nostro ieri si dissolverà con il nemico

ma anche se il sole e l'alba tardassero

come una parola d'ordine, questo canto andrà di generazione in generazione

ma anche se il sole e l'alba tardassero

come una parola d'ordine, questo canto andrà di generazione in generazione.


Questo canto è scritto con il sangue, non con l'inchiostro

non è un canto di un uccello in libertà

questo l'ha scritto un popolo fra muri che crollavano

l'ha cantato con i mitra in mano

questo l'ha scritto un popolo fra muri che crollavano

l'ha cantato con i mitra in mano


Non dire mai che hai percorso l'ultimo cammino

anche se le nuvole nascondono l'orizzonte

verrà ancora la nostra ora tanto attesa

risuonerà ancora il nostro passo "noi siamo qui"

verrà ancora la nostra ora tanto attesa

risuonerà ancora il nostro passo "

noi siamo qui".


Canzoni contro la guerra 


https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=it&id=1022


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Zog nit keynmol

[1943]


Testo di Hirsh Glik


Music: Dimitri Pokrass


[based upon the Russian song То не тучи — грозовые облака, or Терская походная, lyrics by Aleksej Surkov, 1935]

מלים : הירש גליק

מנגינה: דן ודמיטרי פֿוקאַרס


La canzone fu scritta da Hirsh Glik all'età di 21 anni, quando ancora si trovava nel ghetto di Vilnius e divenne in breve tempo celeberrima, nonché l'inno del movimento di resistenza partigiana ebraica agli assassini nazisti.


E' generalmente associata all'insurrezione del ghetto di Varsavia, ma le sue origini sono a Vilnius (Vilna), la rivolta del cui ghetto scoppiò proprio quando arrivarono le notizie da Varsavia. Fu registrata per la prima volta nel 1946 a cura della Commissione Storica Ebraica di Monaco di Baviera. All'inizio della registrazione, Shmerke Kaczerginski introduce la canzone e afferma di aver scritto lui le parole della canzone, cosa assolutamente non vera. Lo stesso Kaczerginski corresse però la sua falsa affermazione nella sua famosa antologia del 1948, pubblicata a New York, Lider fun getos un lagers, non solo attribuendo la canzone al suo vero autore, ma facendole aprire l'intera antologia.


Hirsh Glik (spesso nominato con la grafia tedesca “Hirsch Glick”) era nato a Vilnius il 24 aprile 1922, e aveva cominciato a comporre canzoni in giovanissima età. Da questo sembra essere nata una sorta di leggenda, vale a dire che Glik avesse scritto Zog nit keynmol all'età di 16 anni. Nel 1943, invece, ne aveva ventuno ed era membro attivo e partigiano della FPO (Faraynte Partizaner Organizatsye), l'Organizzazione Partigiana Ebraica che diede inizio alla rivolta del ghetto di Vilnius. Hirsh Glik scomparve l'anno dopo, nel 1944, dopo essere fuggito da un lager estone dove era stato rinchiuso una volta catturato. Fu probabilmente ripreso quasi subito e fucilato dai nazisti.


La canzone divenne in brevissimo tempo l'inno della Resistenza attiva ebraica al nazismo, ma deve essere pienamente ascritta ai più importanti (e noti) canti della Resistenza europea. E' bene a questo punto specificare che esso nacque in un'organizzazione resistenziale, la FPO, che in generale tutto era fuorché sionista (lo stesso Kaczerginski, che ne fu tra i capi, non si stabilì mai in Israele; dopo la guerra visse a lungo a Parigi e poi in Argentina, dove morì nel 1954 in un incidente aereo). In massima parte, i membri della FPO erano comunisti. Nel canto di Glik, “scritto col sangue e non con la matita”, “da un popolo con le pistole in mano”, non esiste certamente alcun riferimento né al sionismo, né a terre promesse. Le "pistole in mano" del canto sono le Nagan, vale a dire le Nagant M1895, che erano le pistole dell'Armata Rossa. Già nel 1945 fu tradotto in lingua ebraica dal poeta Avraham Shlonsky, e già in questa traduzione (pur oggettivamente bella) si avverte un dato "passaggio": il suo uso come “simbolo dell'Olocausto” e l'uso che ne viene fatto in Israele e in tutto il sionismo può essere definito tranquillamente una mistificazione, oltre che un'inesattezza storica; ma è un caso fin troppo comune.


Ci piacerebbe, in questa pagina, ristabilire almeno un minimo di esattezza e di obiettività rispetto a questo famosissimo canto. In Zog nit keynmol non c'è in realtà nulla di specificamente “ebraico”, a parte un riferimento ad una provenienza storica (la “Terra delle verdi palme”), né tantomeno “sionista”. Il suo posto dovrebbe essere accanto ai grandi canti della Resistenza europea, non come una sorta di secondo inno israeliano accanto a Hatikvà. Non parla di “Olocausto”, ma di rivolta armata e di speranza nel momento più buio. Si potrebbe persino arrivare a dire, senza che sia affatto una bestemmia, che se è nato dalla rivolta di ghetti sta molto meglio nei ghetti di oggi, che nella propaganda planetaria sionista. Sta molto meglio a Gaza che in bocca agli oppressori di oggi. Sta molto meglio in bocca a chiunque abbia lottato e lotti non a parole contro uno spietato oppressore, che a chiunque opprima spietatamente. 


Fonte 

https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=1022&lang=it


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Mir zainen do

Brano Zogt Nit Kain Mol

Guarda il video su Youtube 

https://youtu.be/BRLUMp6ey80


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Enciclopedia dell’Olocausto


Tra il 22 luglio e il 12 settembre 1942, le autorità tedesche deportarono o uccisero circa 300.000 Ebrei che vivevano nel ghetto di Varsavia. Le SS e le unità di polizia deportarono 265.000 Ebrei nel campo di sterminio di Treblinka e 11.580 nei campi adibiti ai lavori forzati. I Tedeschi e il personale ausiliario uccisero più di 10.000 Ebrei nel ghetto di Varsavia durante le operazioni di deportazione. Le autorità tedesche diedero il permesso soltanto a 35.000 Ebrei di rimanere nel ghetto, ma più di 20.000 Ebrei vi rimasero clandestinamente. Per i 55.000/60.000 Ebrei rimasti nel ghetto di Varsavia, la deportazione sembrava inevitabile.


In risposta alle deportazioni, il 28 luglio 1942, diverse organizzazioni clandestine ebraiche crearono un'unità armata di autodifesa, nota con il nome di Organizzazione Combattente Ebraica (Zydowska Organizacja Bojowa; ZOB). Secondo stime approssimative, al momento della sua formazione, la ZOB aveva circa 200 membri. Il Partito revisionista (sionisti di destra conosciuti come Betar) formò un'altra organizzazione di resistenza, l'Unione Combattente Ebrea (Zydowski Zwiazek Wojskowy; ZZW). Nonostante le tensioni iniziali tra ZOB e ZZW, entrambi i gruppi decisero di collaborare per opporsi ai tentativi tedeschi di distruzione del ghetto. Nel corso della rivolta, la ZOB contava tra le sue file circa 500 combattenti mentre la ZZW ne aveva 250. Ogni tentativo di stabilire un contatto con il movimento armato clandestino polacco (Armia Krajowa, o Esercito Nazionale) fallì durante l'estate del 1942, ma ciò nonostante, nel mese di ottobre, la ZOB entrò in contatto con l'Esercito Nazionale e riuscì a ottenere un numero limitato di armi, soprattutto pistole ed esplosivi.


A seguito dell'ordine impartito nell'ottobre 1942 da Heinrich Himmler, il Reichsführer (comandante) delle SS, di liquidare il ghetto di Varsavia e deportare coloro ancora fisicamente abili nei campi per i lavori forzati del distretto di Lublino (nel Governatorato Generale), le SS tedesche e le unità di polizia ripresero le deportazioni di massa degli Ebrei da Varsavia, il 18 gennaio 1943. Un gruppo di combattenti Ebrei, armati di pistola, si infiltrò in una colonna di Ebrei costretti a raggiungere l'Umschlagplatz (punto di raccolta) e, al segnale stabilito, ruppe le righe e combatté contro le guardie tedesche. La maggior parte dei combattenti perse la vita durante la battaglia, ma l'attacco servì a disorientare i Tedeschi quanto bastò per dare agli Ebrei, in fila verso l'Umschlagplatz , la possibilità di disperdersi. Il 21 gennaio, dopo aver catturato dai 5.000 ai 6.500 residenti del ghetto che dovevano essere deportati, i Tedeschi sospesero le deportazioni. Incoraggiati dal successo apparente della Resistenza, convinta di aver fermato le deportazioni, i membri del ghetto cominciarono a costruire bunker e rifugi sotterranei per preparare una rivolta nel caso in cui i Tedeschi avessero tentato una deportazione finale di tutti gli Ebrei ancora nel ghetto, ormai ridimensionato.


Le forze tedesche avevano intenzione di cominciare le operazioni di liquidazione del ghetto di Varsavia il 19 aprile 1943, il giorno della vigilia della Pasqua ebraica. Quella mattina, quando le SS e le unità di polizia entrarono nel ghetto, trovarono le strade deserte. Quasi tutti i residenti del ghetto si erano nascosti nei rifugi o nei bunker. La ripresa delle deportazioni fu il segnale che scatenò la rivolta armata all'interno del ghetto.


Durante la rivolta del ghetto di Varsavia, i combattenti Ebrei furono guidati dal comandante della ZOB, Mordecai Anielewicz. Armati di pistole, granate (molte delle quali preparate in casa), qualche arma automatica e fucili, i combattenti della ZOB sorpresero i Tedeschi e il personale ausiliario durante il primo giorno di combattimenti, costringendo le forze tedesche a ritirarsi fuori dalle mura del ghetto. Il comandate generale tedesco delle SS, Jürgen Stroop, riferì la perdita di 12 uomini, uccisi o feriti durante il primo assalto al ghetto. Il terzo giorno di rivolta, le SS e le forze di polizia di Stroop cominciarono a radere al suolo il ghetto, edificio per edificio, per costringere il resto degli Ebrei a uscire. I combattenti della Resistenza ebraica risposero con assalti sporadici dai loro bunker, ma i Tedeschi rasero al suolo il ghetto in modo sistematico. Le forze tedesche uccisero Anielewicz e gli altri combattenti durante l'attacco al bunker di comando della ZOB, situato al numero 18 di Mila Street, che occuparono definitivamente l'8 maggio.


Rivolta del Ghetto di Varsavia - Immagini


Sebbene le forze tedesche riuscirono a piegare la Resistenza armata pochi giorni dopo l'inizio della rivolta, sia singoli individui che gruppi di abitanti continuarono a nascondersi o a combattere contro i Tedeschi per quasi un mese.


Come simbolo della vittoria tedesca, Stroop ordinò la distruzione della Sinagoga Grande di via Tlomacki, il 16 maggio 1943. Anche il ghetto fu distrutto. Secondo il rapporto scritto da Stroop, durante la rivolta 56.065 Ebrei erano stati catturati e 631 bunker distrutti, mentre le sue unità avevano ucciso fino a 7.000 Ebrei. Le autorità tedesche deportarono circa altri 7.000 Ebrei da Varsavia al campo di sterminio di Treblinka, dove quasi tutti furono uccisi nelle camere a gas al loro arrivo. I Tedeschi poi deportarono circa altri 42.000 Ebrei sopravvissuti nel campo di concentramento di Lublino/Majdanek e nei campi per lavori forzati di Poniatowa, Trawniki, Budzyne Krasnik. Tranne qualche migliaia di lavoratori rimasti a Budzyn e Krasnik, le SS e le unità di polizia tedesca uccisero successivamente quasi tutti gli Ebrei deportati da Varsavia a Lublino/Majdanek, Poniatowa e Trawnik, nel novembre del 1943, nel quadro della "Operazione Festa del Raccolto" (Unternehmen Erntefest).


Secondo il programma tedesco, la liquidazione del ghetto di Varsavia avrebbe dovuto essere eseguita in tre giorni, ma i combattenti del ghetto riuscirono a resistere per più di un mese. Anche dopo la fine della rivolta, il 16 maggio 1943, singoli Ebrei nascosti tra le rovine del ghetto continuarono ad attaccare le pattuglie tedesche e il personale ausiliario. La rivolta del ghetto di Varsavia rappresentò la rivolta ebrea più estesa e simbolicamente più importante, nonché la prima rivolta urbana nell'Europa occupata dai Tedeschi. La resistenza di Varsavia inspirò altre rivolte nei ghetti, tra cui quelle di Bialystok e Minsk, e quelle nei campi di sterminio di Treblinka e Sobibor.


Oggi, per ricordare le vittime e i sopravvissuti dell'Olocausto, molte cerimonie di commemorazione avvengono proprio nei giorni in cui si svolse la rivolta nel ghetto di Varsavia.


Fonte: 

https://encyclopedia.ushmm.org/content/it/article/warsaw-ghetto-uprising



RESISTENZA 

Aderire 

fermamente 

alla verità!


Ricambiare 

il male col bene! 


L'amore è Luce 

e Torna in Vista! 

La Vera Bellezza! 


Romina Petrini



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