the suspension of pain 2
Descrizione
Nei contorni netti, nell’assenza di sfumati, nelle proposizioni assertive, nei sì / no di colore di Ivan Colangelo c’è tutta la sua storia umana, la sua vicenda terrena, il suo sguardo attonito sul mondo. I colori non si mischiano e si rinserrano ognuno nel suo terreno, senza dubbiosa mescolanza, senza promiscuità cromatica: verrebbe da pensare che Colangelo vuole tenersi stretti tutti i suoi dubbi, e vuole tenersi solo i suoi, orgogliosamente e con un poco di sacrosanta vanità. Tutta la forza della visione allucinata, mescalinica -è affidata dunque alla coppia soggetto / oggetto, all’angolo e al timing dello scatto, che è una presa d’atto, un’agnizione, un aknowledgement improvviso e statico. Ma chi l’oggetto? Chi il soggetto? Come in una partita a ping-pong i ruoli si scambiano alla velocità della battuta, quasi che il rapporto sia come la pallina in movimento: una volta all’uno, una volta all’altro. Se il dolore è inflitto all’oggetto dal soggetto, o dal primo al secondo con la sua resistenza o il suo sottrarsi, Suspension of Pain ci indica subito che il rapporto è sospeso, o indefinito: acquerellato, in stridente contrasto con la nettezza dei contorni. In tre lavori su quattro non si vedono occhi e visi umani. L’umanità è delegata al cane, antonomasia di una visione pulita, ingenua, pre-morale. L’esclusione degli occhi umani dalla scena è come quando incrociamo quelli indagatori di un osservatore: il primo istinto è rivolgerci altrove, abbassare lo sguardo, e solo dopo forse tornare per un gioco ormai scoperto e consapevole. Colangelo sembra non volerlo affrontare quello sguardo, ed anche lui, come la pallina del ping-pong, si sposta indeciso tra il bipede e il quadrupede. Zuppi come siamo di sudore ebraico, le citazioni bibliche ci sfuggono incontrollate come monete da tasche bucate. I due chiwawa, l’uno all’altro come in uno specchio, accoccolati nel bel mezzo del Mar Rosso -verde di gialli girasoli -che si ritrae, si apre… anzi: si sospende, ad accogliere una fuga improbabile e indesiderata: il chiwawa è seduto sul destino, immobile, la sua fuga rimarrà teorica e il Mar Rosso dei girasoli resterà sospeso. Perché poi il chiwawa dovrebbe voler fuggire? Da cosa? L’evoluzione l’ha ormai dichiarato inadeguato a una vita autonoma, inadatto a una sopravvivenza senza uomini, trasformato in un lupo da borsetta o da auto sportiva. In mancanza di una risposta netta come i contorni dei suoi lavori, teniamoci il dubbio allora, insieme a Colangelo. Teniamoci il ping-pong, la borsetta, l’auto sportiva, la stanza d’albergo e i girasoli, che come pareti d’acqua si degnano di non schiacciarci. E se proprio pena dev’essere, che si chieda al giudice quantomeno un’istanza di sospensione.0 commenti
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